Il “caso” del cardinale Becciu

Nel vigente ordinamento canonico, la figura del cardinale della Santa Romana Chiesa è delineata come soggetto titolare di uno status giuridico ecclesiastico pubblico, la cui costituzione e i cui diritti derivano direttamente dalla volontà pontificia e dalle norme del diritto universale. La funzione elettorale dei cardinali, in particolare, trova il suo fondamento nel canone 349 del Codex iuris canonici del 1983, secondo cui essi costituiscono un collegio peculiare che ha il compito di eleggere il Romano Pontefice. Tale potestà è esercitata “iure proprio” e non per delegazione, né risulta suscettibile di limitazione se non nei casi tassativamente previsti dalla normativa canonica generale o da provvedimento pontificio espresso e conforme alle forme prescritte. Nel caso del cardinale Giovanni Angelo Becciu, la rinuncia da lui formulata in data 24 settembre 2020 ai “diritti connessi al cardinalato”, accettata dal Sommo Pontefice, non ha comportato la perdita dello status cardinalizio in senso stretto, né l’espulsione dal Collegio cardinalizio. Infatti, non si è trattato di una rinuncia al titolo, che non è giuridicamente rinunciabile, non essendo il cardinalato un semplice ufficio (officium), ma una dignitas ecclesiastica, bensì dell’abbandono, per volontà personale e assenso papale, dell’esercizio attivo di alcune prerogative connesse all’ufficio.

Si ricordi, in proposito, che il diritto canonico non conosce, allo stato attuale, una disciplina sistematica della rinuncia parziale ai diritti cardinalizi, né un istituto analogo alla “sospensione di fatto” dei diritti elettorali. Orbene, per escludere un cardinale dall’esercizio del “ius eligendi” in sede di Conclave, è necessaria una privazione giuridicamente fondata, che deve scaturire da una sanzione canonica esplicita, imposta secondo le norme del Libro VI del Codice, o da una declaratoria papale contenente motivazione giuridica, emanata nella forma di atto amministrativo singolare (canoni 48 e successivi) o di legge speciale (canone 8, paragrafo 1). Né la comunicazione del Santo Padre del 2020, né le successive lettere del 2023 e del marzo 2025, come risulta dalle fonti disponibili, hanno assunto la forma di provvedimento normativo o decisorio con effetti tipici in ordine alla perdita del diritto di elezione. L’eventuale volontà papale in tal senso, se priva di formalizzazione in atto giuridico conforme alle regole del diritto amministrativo canonico, non può produrre “ex se” effetti dispositivi nel foro esterno. La condanna penale inflitta al cardinale Becciu dal Tribunale vaticano in primo grado nel dicembre 2023, pur assumendo rilievo sotto il profilo della reputazione soggettiva, non comporta, di per sé, alcuna sanzione canonica “ipso iure”ferendae sententiae, giacché la condanna non risulta essere stata recepita da alcuna autorità ecclesiastica come base per l’imposizione di pene canoniche, né è stata pronunciata da un tribunale ecclesiastico secondo la procedura del canone 1400 e successivi. Inoltre, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, comminata in sede statale, non si estende automaticamente ai diritti esercitati in forza della dignità cardinalizia, la quale appartiene all’ordine sacramentale e all’ordinamento ecclesiale, non a quello civile.

L’esclusione del cardinale Becciu dal Conclave di oggi, 7 maggio 2025, dunque, non è giuridicamente fondata, ma si configura come una rinuncia personale all’esercizio di un diritto che, nella sostanza, permane intatto. La sua scelta, dettata da motivazioni di opportunità ecclesiale e fedeltà al Romano Pontefice, non equivale a una perdita oggettiva dello status di elettore, né può essere interpretata come effetto giuridico vincolante per la Chiesa. Il ius eligendi è, infatti, un diritto collegiale e pubblico, che non si estingue per semplice atto unilaterale di rinuncia, se non nei casi in cui sia intervenuta la dimissione dallo stato clericale (canone 401, paragrafo 2), la scomunica “latae o ferendae sententiae”, o la dichiarazione di inabilità canonica da parte della Sede Apostolica in forma giuridica. Si deve, pertanto, concludere che, secondo il diritto canonico vigente, il cardinale Giovanni Angelo Becciu conserva la piena capacità giuridica e di fatto di partecipare validamente al Conclave. La sua autoesclusione non è giuridicamente necessaria, ma è frutto di una valutazione soggettiva e pastorale che non incide sul piano della validità giuridica della sua posizione nel Collegio cardinalizio. In assenza di un formale provvedimento di esclusione, la sua inabilità elettorale resta inesistente e il suo diritto permane integro, benché liberamente non esercitato.

Aggiornato il 07 maggio 2025 alle ore 09:52