Papabili e bruciati

La maggior parte della stampa ultimamente non fa altro che elencare nomi di papabili per il Conclave che inizierà domani. Sempre gli stessi nomi. Usciti non si sa da quale cappello magico. Un tempo i porporati venivano divisi in progressisti, moderati, conservatori e tradizionalisti, il tutto accompagnato da una progressiva preoccupazione mentre si passava dai cardinali di “sinistra” a quelli più intransigenti nel rispetto della tradizione e della dottrina. In questo caso, però, sarebbe opportuno procede geograficamente, perché Jorge Mario Bergoglio ci ha consegnato un collegio cardinalizio davvero globale e rappresentativo di tutte le zone della Terra. Si dovrebbe parlare di candidati occidentali e cardinali, diciamo così, del terzo mondo. Da una parte i porporati del vecchio mondo, dell’Europa, dell’America del Nord e dell’Oceania; dall’altra gli africani, i latinoamericani e gli asiatici. Il Cattolicesimo non parla più l’italiano, nemmeno il francese o l’inglese. Si deve essere coscienti del fatto che il futuro della Chiesa di Cristo è in Asia, in Africa; territori che ormai forniscono alla Chiesa quei pochi preti che annualmente vengono ordinati.

Il prossimo Conclave sarà davvero decisivo. Qualche porporato parla di un Conclave lampo: staremo a vedere. Segno che hanno capito che bisogna scegliere bene, e soprattutto in fretta. Passo adesso all’elenco di personalità della Chiesa occidentale che potrebbero (e dovrebbero) avere un ruolo nella Sistina, pur restando dell’idea che il prossimo papa dovrà essere scelto da Paesi poco sopra o poco sotto l’Equatore. Un ultimo elemento riguarda l’età: dei dodici porporati papabili che propongo, soltanto quattro hanno meno di settant’anni. Penso che il collegio cardinalizio individuerà, anche per questa volta, un porporato non giovane. Probabilmente un pontificato dirompente come quello di Karol Józef Wojtyła non è quello che serve adesso. Non penso ci sia nemmeno un cardinale che abbia tutti e tre gli elementi “professionali” nella sua carriera: diplomazia, lavoro in curia e cura pastorale. Molti hanno due di questi elementi.

Tanti si sono “specializzati” in qualcosa e non hanno mai fatto altro: sono diversi i diplomatici che non hanno mai fatto i pastori per un giorno. Per cui l’eletto non sarà sicuramente completo, ma si spera che sia in grado di dare nuova linfa ad una Chiesa affaticata. Un nome interessante è quello dello svedese Anders Arborelius, 75 anni, vescovo di Stoccolma da ben ventisette anni, è un carmelitano. Il fatto che sia un religioso è un elemento positivo (lasciando perdere i gesuiti). Esperto di questioni etiche, è membro del Pontificio Consiglio per la famiglia. Ha detto più volte “no” alla benedizione delle famiglie arcobaleno e ha espresso forti preoccupazioni per il sacerdozio dei sacerdoti. Ricordiamo che vive e opera in uno dei Paesi più turbo-progressisti del mondo. Sarebbe interessante avere un papa nordeuropeo, anche per le caratteristiche liturgiche e pastorali di quelle realtà. Un altro nordico interessante è Willem Jacobus Eijk, arcivescovo metropolita di Utrecht dal 2007, 71 anni. Quando era docente di teologia morale fu molto criticato per le sue posizioni conservatrici in materia di sessualità. Ha fortemente attaccato l’esortazione apostolica di Francesco Amoris Laetitia e ha definito il matrimonio civile come un “adulterio istituzionalizzato”. È membro della Pontificia Accademia per la vita.

Tra gli italiani, penso a due personalità totalmente diverse. Da una parte Fernando Filoni, già prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione dei popoli e attualmente gran maestro dell’Ordine equestre del Santo sepolcro di Gerusalemme. Ha una grande esperienza diplomatica, essendo stato nunzio apostolico nelle Filippine, in Iraq e in Giordania. È molto vicino ai neocatecumenali. Potrebbe essere un buon pontefice, è moderato e conosce bene i contesti di guerra. Purtroppo, ha 79 anni. L’altro italiano è Domenico Battaglia, don Mimmo, calabrese, ha 62 anni (forse troppo giovane) ed è arcivescovo di Napoli. È piuttosto progressista ma ha un’ottima esperienza pastorale e proviene da un contesto spirituale, quello napoletano, di grande importanza.

Il più estremo (a destra) tra i cardinali è sicuramente Raymond Leo Burke, nemico dichiarato di Bergoglio, è stato prefetto del Supremo tribunale della segnatura apostolica e ha guidato diverse diocesi. Ha il polso spirituale della Chiesa americana ed è comunque un uomo di curia. Insieme all’arcivescovo di Utrech Eijk ha fortemente criticato Francesco per l’Amoris Leatitia. È contrario a tutto ciò che riguarda aborto, coppie Lgbt, divorzio, ed è molto critico sul ruolo della donna della Chiesa. Celebra ancora la Messa tridentina. Potrebbe essere un papa di transizione, avendo 76 anni, che comunque risolverebbe almeno l’imbruttimento stilistico della liturgia degli ultimi anni.

L’ultimo occidentale a cui guardo è il francese Jean-Marc Aveline, 66 anni, arcivescovo di Marsiglia. Molto vicino a Bergoglio sul tema dei migranti, ma prudente sulle questioni Lgbt. È aperto alle celebrazioni liturgiche in latino e ha una grande conoscenza del mondo arabo. Aveline è legato a Francesco ma non abbastanza da risultare un suo clone. Passando invece ai porporati che provengono dal Sud del mondo, il primo nome a cui guardo è quello del ruandese Antoine Kambanda, 66 anni, mai apparso tra i papabili. È invece una personalità interessante: dal 2018 è arcivescovo metropolitana di Kigali, è membro della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, e appare tutto sommato un moderato rispetto ai colleghi africani, anche se ha espresso perplessità per le parole di Papa Bergoglio sui matrimoni Lgbt pronunciate dal pontefice argentino nel film Francesco. Un altro cardinale dell’Africa che potrebbe apparire come una scelta saggia è Philippe Nakellentuba Ouédraogo. È del Burkina Faso e ha ricevuto la porpora da Bergoglio nel 2014: è quindi uno dei primi porporati di Francesco. Molto attivo nei sinodi africani, si interessa alla giustizia sociale del continente africano e ha parlato molto duramente dei contraccettivi. Da parte sua però il limite dell’età, perché ha 79 anni. Sarebbe, usando un’espressione insignificante, un papa di transizione.

Spostandoci in Asia, si potrebbe anche pensare ad un papa indiano. Anthony Poola, 63 anni, arcivescovo metropolita di Hyderabad, proviene dalla casta più svantaggiata del sistema indiano. Ha conseguito il dottorato in Filosofia e ha una grande esperienza pastorale. Molto attivo in progetti umanitari, vicino alle donne e alla comunità transgender, ha proposto al Dicastero per la dottrina della fede l’apertura ai trans nei sacramenti. Tra i filippini, molto valida la figura di Jose Fuerte Advincula, 73 anni, cardinale dal 2020, è il successore del cardinal Luis Antonio Tagle alla guida dell’arcidiocesi di Manila. È molto attento alle tematiche sociali e anche lui appare come morbido nei confronti della comunità arcobaleno. Ha esperienza pastorale e per anni è stato rettore del Seminario di Capiz. Non è, quindi, un uomo di curia. Per la Corea del Sud c’è Lazarus You Heung-sik, 73 anni. Ha avuto ruoli pastorali e curiali. È prefetto del Dicastero per il clero, membro del Dicastero per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti ed è stato vescovo ausiliare di Daejeon. Ha visitato la Corea del Nord per quattro volte negli anni. Difende fortemente il celibato sacerdotale e sostiene gli accordi segreti tra Vaticano e Cina sulle nomine episcopali. Anche se è da escludere l’elezione di un altro pontefice sudamericano, vale la pena riflettere sulla figura del brasiliano João Braz de Aviz. Ha 78 anni ed è stato prima prefetto della Congregazione (poi Dicastero) per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica dal 2011 al 2025. Creato cardinale da Papa Benedetto XVI nel suo penultimo concistoro, è stato anche arcivescovo metropolita di Brasilia. È un pastore e un uomo di curia, ed è moderato.

Quelli che ho proposto sono nomi che ho visto pochissime volte nelle liste dei papabili, alcuni nemmeno una volta. Darei per certo il fatto che la quasi totalità dei nomi usciti in queste settimane non avranno successo. Chi entra papa esce cardinale. Più un cardinale parla, più rilascia interviste, più ha un ruolo mediatico, più è naturalmente “bruciato”. Il papato non si affida per la popolarità. Non si tratta di nominare presidente del Consiglio la figura più carismatica di un partito. Il pontefice non deve accontentare nessuno, se non lo Spirito Santo (per chi crede, ovviamente). I nomi che ho fatto sono di personalità spesso molto diverse. La questione non è essere a favore o contro qualcosa (l’apertura alla comunità Lgbt, il sacerdozio femminile, il matrimonio dei sacerdoti). Il papa deve avere il polso spirituale della Chiesa, deve condurre i fedeli alla trascendenza, deve essere un uomo di governo ma non un burocrate, deve essere aperto ma non incline a svendere la dottrina. Le questioni su cui dovrà intervenire il prossimo pontefice sono tante: fare una lista nemmeno servirebbe. Prima che agire sui problemi economici, sugli scandali, sulle questioni diplomatiche, dovrà riportare Cristo al centro della vita dei cattolici. Nessun ambientalismo, nessun attivismo, nessuno scientismo, potrà liquidare l’aspetto spirituale.

Aggiornato il 06 maggio 2025 alle ore 11:25