Codice Ateco? Non basta, è giunta l’ora della legalizzazione

Dalle svizzere Lugano e Chiasso, nel Canton Ticino, fino all’austriaca Villaco, nella cattolicissima Carinzia, passando per la slovena Nova Gorica, ad appena una manciata di chilometri dal confine friulano. I tanti “bordelli” delle sex city di frontiera disconoscono completamente il significato della parola crisi. Al contrario, i club notturni di confine pullulano letteralmente di clienti, molti dei quali “frontalieri” di nazionalità italiana, desiderosi di abbandonarsi a qualche ora di sano piacere lontano dai divieti e dalle molte limitazioni vigenti in Patria.

Del resto, si sa, nonostante le moderne degenerazioni legate alla rapida diffusione, anche nel Belpaese, del dirompente fenomeno “wokista”, lui, il maschio italico, conserva ancora i suoi originari tratti di “amante latino” perennemente alla ricerca di nuove esperienze amorose. Anche laddove dovesse trattarsi, per tutta una serie di ragioni che non staremo qui ad elencare, di esperienze meramente “carnali” figlie della provvidenziale intercessione del Dio denaro.

Poco importa. Mutano i metodi, ma non certo la sostanza. Anzi, l’intensa ricerca di prestazioni sessuali a pagamento, tanto sui canali esteri “autorizzati”, quanto su quelli interni “non autorizzati”, testimonia il crescente interesse degli italiani verso un mercato, quello del sesso, a cui decine di migliaia di utenti italici tendono a rivolgersi sempre con maggior costanza. E questo è un dato di fatto innegabile di cui la politica dovrebbe tenere conto, mettendo ragionevolmente da parte perbenismo, isterie e falsi moralismi da salotto. 

In tale ultima direzione, la recente introduzione nel sistema di classificazione utilizzato per identificare le attività economiche dei codici connessi a “Servizi di incontro ed eventi simili” può certamente rappresentare un primo decisivo step per affrontare finalmente l’annosa questione in maniera seria e pragmatica. Un punto di partenza, pertanto, e non certamente di arrivo, dal momento in cui la sola estensione della lista dei cosiddetti codici Ateco non cambia, nei fatti, la normativa nazionale in materia di “incontri sessuali”.

In Italia, è bene ricordarlo, l’attività di prostituzione non può tutt’oggi essere considerata un lavoro, mentre l’induzione e lo sfruttamento della prostituzione restano reati penali perseguiti dalla L. 75/1958, la cosiddetta legge Merlin.

Per sdoganare definitivamente le attività legate all’organizzazione di servizi di incontro a fini sessuali occorrerebbe, infatti, un apposito intervento normativo, che vada al di là della mera previsione di uno specifico codice Ateco. Anche perché, in buona sostanza, l’Istat, con la nuova lista di codici, non ha fatto altro che estendere quel codice che in passato riguardava solamente “attività di accompagnatrici, di agenzie di incontro e di agenzie matrimoniali” per mere ragioni di carattere fiscale. Permane, invece, rimanendo del tutto immutato, il problema di natura legale.

Ed è esattamente lì, a ben vedere, che l’esecutivo in carica dovrebbe intervenire, promuovendo un iter normativo ad hoc che preveda la legalizzazione della prostituzione e l’effettivo riconoscimento del lavoro sessuale, con tanto di diritti e doveri. Un intervento necessario e utile a regolarizzare lavoratori e lavoratrici del sesso, consentendo loro di dichiarare un reddito e dei contributi, apposite tutele legali e assicurative, ma anche obblighi di natura sanitaria, di cittadinanza, e da ultimo, fiscale, che contribuirebbero, tra l’altro, anche a far emergere una parte assai consistente di economia che, stando alle rilevazioni Istat, comprenderebbe un giro d’affari che nel 2022 ammontava a quasi 5 miliardi di euro, con una crescita del 4 per cento rispetto all’anno precedente.

Un autentico fiume di denaro, finito puntualmente, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, all’estero o a ingrassare ulteriormente i conti della criminalità organizzata. In ogni caso, mai nelle casse di uno Stato, quello italiano, che si ostina ancora oggi, e nonostante tutto, a guardare all’attività di prostituzione come il pericoloso “demone” da scacciare via per sempre dai confini nazionali per custodire l’integrità e la purezza del maschio italiano. 

Aggiornato il 18 aprile 2025 alle ore 11:31