Il caldo (vero o presunto) fa male ai media

“Il 2024 è stato l’anno più caldo nella storia d’Europa”, hanno titolato i mezzi di comunicazione di ogni genere. A sancirlo Copernicus, il programma di osservazione della terra dell’Unione europea. Che però monitora il clima solo dal 1998 mentre per i millenni precedenti, perlomeno fino alla nascita in epoca pre-ellenica del mito della figlia di Agenore, Europa appunto, si attiene a non si sa quali altre fonti. Di sicuro un po’ corta come storia d’Europa quella della meteorologia ufficiale targata Ue. Tanto più se utilizzata come base di lancio per proclami apocalittici giornalistici. Quasi in contemporanea all’incoronazione del 2024 come anno più caldo nella storia d’Europa è arrivata la notizia, rapidamente diffusa a sua volta “a reti unificate”, che l’Europa sarebbe il continente dove il riscaldamento aumenta con maggiore rapidità. Una notizia coerente con la precedente, peraltro.

Eppure l’Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, solo a febbraio aveva dato la notizia, più facilmente dimostrabile di quella fornita da Copernicus, che la tendenza delle emissioni di gas a effetto serra nel Vecchio Continente era quella di una progressiva riduzione. Nel 2023 (l’anno più vicino a noi di cui Eurostat possiede i dati definitivi) segnava infatti un calo del 7 per cento rispetto al 2022 e del 18 per cento sul 2013. Che cosa significa questo? Che non esiste rapporto tra riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e riscaldamento? E allora per quale motivo la Commissione europea e i burocrati accasati a Bruxelles ci hanno imposto una “dieta produttiva” che ha già, in sostanza, distrutto l’industria automobilistica europea con il suo indotto? Domande che potrebbero porsi, una volta ogni tanto, anche i cantori dell’Apocalisse prossima ventura.

Aggiornato il 17 aprile 2025 alle ore 12:54