Istat, le nascite sono ai minimi ma si allunga l’aspettativa di vita

L’inverno demografico continua. Lo scorso anno in Italia si è registrato un ulteriore calo della fecondità. Con 1,18 figli per donna nel 2024 viene superato il minimo di 1,19 del 1995, anno nel quale sono nati 526mila bambini a fronte dei 370mila del 2024 (-2,6 per cento rispetto al 2023). È quanto sostiene l’Istat. Calano anche i decessi (651mila), il 3,1 per cento in meno sul 2023, dato più in linea con i livelli pre-pandemici che con quelli del triennio 2020-22. Il saldo naturale, ovvero la differenza tra nascite e decessi, è quindi ancora fortemente negativo (-281mila). Accanto alla riduzione della fecondità, nel 2024 continua a crescere l’età media al parto, che si attesta a 32,6 anni (+0,1 in decimi di anno sul 2023). È quanto rilevano gli indicatori demografici dell’Istituto di statistica pubblicati oggi. Il dato positivo riguarda l’aspettativa di vita. Per le 58 milioni e 934mila persone che vivono in Italia si allunga, arrivando a 83,4 anni, quasi cinque mesi in più rispetto al 2023. Dati che verosimilmente faranno scattare gli adeguamenti dell’età pensionabile, visto che anche l’aspettativa di vita a 65 anni viene stimata in aumento, di 4-5 mesi. Un fatto è certo: il fenomeno della posticipazione delle nascite è di significativo impatto sulla riduzione generale della fecondità poiché più si ritardano le scelte di maternità più si riduce l’arco temporale a disposizione delle potenziali madri per la realizzazione dei progetti familiari. L’aumento dell’età media al parto si registra in tutto il territorio nazionale, con il Nord e il Centro che continuano a evidenziare il valore più elevato: rispettivamente 32,7 e 33 anni, contro 32,3 anni del Mezzogiorno.

Il primato della fecondità più elevata resta al Trentino-Alto Adige (1,39, era a 1,43), seguito da Sicilia e Campania. La Sardegna ha il record negativo con uno 0,91 stabile rispetto al 2023. Intanto, al primo gennaio 2025 la popolazione residente di cittadinanza straniera è composta da 5 milioni e 422mila unità, in crescita di 169mila individui (+3,2 per cento) sull’anno precedente, con un’incidenza sulla popolazione totale del 9,2 per cento. Il 58,3 per cento degli stranieri, pari a 3 milioni 159mila individui, risiede al Nord. Nel 2024 le immigrazioni dall’estero in Italia sono state 435mila, in lieve diminuzione (-1,2 per cento) rispetto al 2023, ma più elevate rispetto al decennio 2012-2021 in cui non si era mai superata la soglia dei 400mila ingressi annui. Il Bangladesh è il principale Paese di origine dei flussi di immigrazione straniera (7,8 per cento del totale), seguito dall’Albania (7,1 per cento). Ancora significativo il flusso di stranieri provenienti dall’Ucraina (6,5 per cento). Il saldo migratorio con l’estero complessivo, pari a +244mila unità, è frutto di due dinamiche opposte: da un lato, l’immigrazione straniera, ampiamente positiva (382mila), controbilanciata da un numero di partenze esiguo (35mila); dall’altro, il flusso con l’estero dei cittadini italiani caratterizzato da un numero di espatri (156mila) che non viene rimpiazzato da altrettanti rimpatri (53mila). Il risultato è un guadagno di popolazione di cittadinanza straniera (+347mila) e una perdita di cittadini italiani (-103mila).

Aggiornato il 31 marzo 2025 alle ore 16:07