
Rosa Bazzi e Olindo Romano restano in carcere. Sconteranno l’ergastolo. Ieri, i giudici di Cassazione hanno scritto la parola fine rigettando il ricorso della difesa dei coniugi. La coppia è condannata per la strage di Erba dell’11 dicembre 2006, in cui muoiono quattro persone: la 30enne Raffaella Castagna; suo figlio, il piccolo Youssef Marzouk, di appena due anni; la 56enne Paola Galli, madre di Raffaella; la 55enne Valeria Cherubini, la vicina di casa. Il marito della donna, il 65enne Mario Frigerio, colpito alla gola e creduto morto dagli assalitori, riesce a salvarsi grazie a una malformazione congenita alla carotide che gli evita la morte per dissanguamento. A quasi vent’anni dai fatti potrebbe quindi chiudersi definitivamente la vicenda giudiziaria su uno degli omicidi più efferati del dopoguerra. Ma la difesa dei due coniugi potrebbe tentare un’altra carta. “Valuteremo il ricorso alla Corte europea ma prima leggeremo le motivazioni”, ha spiegato l’avvocato Fabio Schembri ricordando che Bazzi e Romano hanno già fatto ricorso alla giustizia europea per la sentenza di merito. La Cassazione ha, sostanzialmente, recepito quanto sollecitato dalla Procura generale che ha bollato come “mere e astratte congetture” le nuove prove alla base del ricorso dei difensori. Per il procuratore generale Giulio Monferini quelli che secondo la difesa sarebbero elementi di prova nuovi “non possono in alcun modo smontare i pilastri delle motivazioni che hanno portato alla condanna di Rosa e Olindo, e cioè le dichiarazioni del sopravvissuto, le confessioni e le tracce ematiche”. Al vaglio dei supremi giudici si è arrivati dopo la decisione della Corte d’appello di Brescia che nel luglio scorso si esprime per l’inammissibilità dell’istanza di revisione della sentenza con cui è passata in giudicato la condanna ai coniugi.
L’affidabilità della testimonianza di Mario Frigerio, deceduto nel 2014, è uno dei motivi su cui i difensori hanno basato la loro richiesta in un documento di oltre cento pagine. Prove che la Corte d’appello di Brescia ha invece respinto senza neanche aprire il dibattimento, a partire appunto dalle parole di Frigerio che la difesa ritiene siano viziate anche dall’inalazione del fumo che si sprigiona quel giorno di dicembre del 2006 quando gli assassini appiccarono l’incendio all’appartamento. Per i giudici bresciani Frigerio è considerato pienamente attendibile. Così come attendibili per i magistrati di Brescia sono anche le confessioni di Olindo e Rosa, poi ritrattate, mentre per la loro difesa vengono “ispirate” da carabinieri e inquirenti, anche a causa della loro debolezza mentale, così come inutile cercare di svalutare la macchia di sangue di Valeria Cherubini trovata sulla Seat Arosa di Olindo. Per la Corte d’Appello tutte queste non sono prove nuove e non comportano il proscioglimento degli imputati, così come “non ha trovato alcun riscontro” la pista alternativa, prospettata dalla difesa, della faida per lo spaccio di droga. Esclusa anche l’ipotesi del “complotto” ai danni dei due imputati che avrebbe portato alla fabbricazione di prove false, o meglio della loro formazione. Motivando il no alla revisione i giudici di Brescia citavano anche l’iniziativa dell’ex sostituto procuratore di Milano Cuno Tarfusser che aveva portato avanti l’ipotesi di riapertura del processo. Per la corte d’Appello quanto compiuto da Tarfusser, che ha portato anche a un provvedimento disciplinare nei suoi confronti, “prima ancora che carente sotto il profilo della novità della prova” è inammissibile “per difetto di legittimazione del proponente”. “I fratelli Castagna sono convinti della colpevolezza di Olindo e Rosa. La corte di Brescia ha analizzato in maniera corretta l’istanza di revisione: non c’era nulla di nuovo, nulla di decisivo”, ha commentato l’avvocato di parte civile che era presente in Cassazione.
Aggiornato il 26 marzo 2025 alle ore 16:42