
Dopo il maxiprocesso preparato da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel ritiro dell’Asinara in Sardegna (con pesanti condanne all’ergastolo di big criminali), l’obiettivo che si proponevano i due magistrati era quello di mettere in piedi uno staff che si occupasse del dossier mafia-appalti, dopo anche un rapporto elaborato dal generale dei Ros Mario Mori e dal capitano Giuseppe De Donno. L’omicidio di Giovanni Falcone e della scorta e successivamente l’eliminazione di Paolo Borsellino sono legati anche alle inchieste che stavano portando avanti su una rete “immensa” di affari. Ne è convinto il tenente colonnello in congedo Carmelo Canale, all’epoca maresciallo dei Carabinieri e braccio destro di Borsellino, che ha riferito nuovi dettagli nel corso dell’audizione del 29 gennaio 2025 presso la Commissione antimafia, presieduta da Chiara Colosimo. Nella seduta pubblica e non segreta come nel 1997, sono emersi fatti inediti e alcune conferme. Canale è stato un fiume in piena nel raccontare episodi vissuti in prima persona compreso il clima di tensione che si viveva all’interno delle Procure e tra le forze dell’ordine in Sicilia.
Una prima inchiesta sugli appalti illegali è quella avviata da Borsellino su Pantelleria quando era a Marsala. Si trattava del porto per 120 miliardi di lire dell’epoca, della costruzione di 3 serbatoi idrici per la quale erano interessati Rosario Cascio e Angelo Siino, la strada litoranea e il mattatoio. Una pioggia di miliardi con in prima fila molti imprenditori. L’indagine sfociò in alcune ordinanze di custodia cautelare. Recatosi a Palermo il 19 giugno 1991 il colonnello Michele Colavito mise al corrente Canale che anche i Ros dei capitani Giuseppe De Donno e Raffaele Del Sole stavano operando sugli appalti. Dopo varie vicissitudini consegnarono il loro rapporto a Borsellino che attraverso il giovane sostituto Antonio Ingroia lo spedì a Palermo ma la Procura palermitana lo rimandò al mittente. Il 14 agosto 1992 il dossier mafia appalti fu archiviato. È possibile che al di là dei documenti ufficiali Borsellino non abbia inserito alcune considerazioni sui personaggi legati agli appalti in una delle sue agende? “Nessuno, ha dichiarato nell’audizione antimafia Carmelo Canale, si è mai interessato dell’agenda rossa di Borsellino e nessuno ha mai dato una risposta su quell’agenda.
Nessuno l’ha mai cercata. Ad Agnese il capo della squadra mobile di Palermo disse che l’agenda era andata distrutta”. Dove è finita? È confermato che i due magistrati si sentissero al telefono tutti i giorni e quindi dopo la strage di Capaci Borsellino si convinse che tra le cause della morte di Falcone ci fossero le indagini sugli appalti. L’agenda rossa di Borsellino quando era a Marsala era sempre sulla scrivania ma a Palermo no perché non si fidava di alcuni magistrati ed era in disaccordo con il procuratore Pietro Giammanco. Dopo l’assassinio di Via D’Amelio il maresciallo Canale fece un sopralluogo in casa Borsellino ma non trovò alcuna agenda rossa. Personalmente aveva una borsa che il giudice aveva regalato alla figlia Manuela, conteneva la batteria del cellulare di Borsellino, perfettamente funzionante. Il professore Giuseppe Tricoli, deputato del Msi, riferì a Canale di aver visto il giudice scrivere sull’agenda qualcosa sugli interrogatori che avevano aperto uno squarcio nel mondo criminoso di Agrigento. Voleva capire cosa c’era dietro l’uccisione del maresciallo Giuliano Guazzelli e del giudice Rosario Livatino. Borsellino aveva tre agende regalate dal maresciallo Raffaele Del Sole comandante della Compagnia di Mazara del Vallo: 1-grigia dove annotava i vari spostamenti o appuntamenti (consegnata in fotocopia nel 1992 da Canale ai magistrati di Caltanissetta nel 1992); la seconda marrone consegnata in fotocopia a Roma nell’interrogatorio dei magistrati Ilda Boccassini e Bardella.
La terza, quella rossa, di lavoro. Due settimane prima della strage Borsellino partecipa ad un battesimo e Canale lo vede scrivere al termine nell’agenda. Era molto teso. Non trovandosela più tra le mani, impose di correre indietro in albergo per controllare se l’aveva lasciata lì. Alla domanda del presidente Colosimo se l’aveva ritrovata e se Borsellino aveva segnato qualcosa riguardante la strage di Capaci il tenente colonnello Canale ha risposto con un laconico “Sì, di più”. Lo aveva detto nell’ottobre 2023 anche Lucia Borsellino alla Commissione antimafia. “Nella borsa di mio padre c’era non solo l’agenda rossa ma anche un’agenda marrone che conteneva una rubrica telefonica, mai repertata in 31 anni e che consegno nella versione scansionata con mio fratello Manfredi”. La testimonianza di Canale, processato per 14 anni ma sempre assolto, indica alcuni punti fermi: Borsellino conduceva indagini cruciali nella zona di competenza, non perdendo mai di vista il dossier mafia-appalti; non si fidava di diversi magistrati tanto da non lasciare a Palermo la sua agenda rossa in vista in ufficio (cosa che faceva però a Marsala). L’inchiesta parlamentare sulla strage di via D’Amelio continua. E anche i misteri dell’agenda rossa.
Aggiornato il 18 febbraio 2025 alle ore 10:49