“Il processo di Biscardi” non aveva bisogno di Auditel

Il 3 gennaio 1983 l’Auditel ancora non c’era. La società che misura gli ascolti della tivù nacque nel 1984 e ha fatto quindi ora 40 anni, diventando uno strumento di democrazia. Il merito è quello di aver portato il sistema di rilevazione degli ascolti ad alti livelli di credibilità e trasparenza sia nell’analisi degli investimenti pubblicitari sia in ambito di conoscenza dei fenomeni politici, economici, culturali e linguistici. Nel corso di questi quattro decenni non sono mancate le critiche soprattutto in merito al fatto che fosse impossibile misurare la qualità. I consumi televisivi sono andati crescendo di anno in anno sia per la diffusione del segnale sia per l’esplosione di alcuni programmi. Per avere un’idea dell’Italia secondo l’Auditel è preziosa la ricerca sul pubblico della tivù e dei media compiuta da Massimo Scaglioni per la casa editrice Il Mulino (L’Italia secondo Auditel. Quarant’anni di ricerca sul pubblico della tv e dei media).

All’origine le pagelle degli ascolti tivù provenivano da fonti più artigianali. L’Istel si serviva della Doxa e di Abacus che aveva come primo cliente la Rai e poi Fininvest. Per quel 3 gennaio 1983 Aldo Biscardi, l’inventore del Processo del lunedì con il direttore Biagio Agnes, non ebbe bisogno della tecnologia per avere la conferma di uno scoop. Sapeva, quando ottenne l’ok del presidente della Repubblica Sandro Pertini in vacanza in Val Gardena di partecipare alla trasmissione, che gli ascolti sarebbero esplosi. È così fu come scrisse il giorno dopo La Gazzetta dello sport: “Pertini sportivo in tivù”. Il capo dello Stato disse ai telespettatori dall’Alpe di Siusi: “Non sciolgo le Camere. Visiterò i soldati italiani in Libano”.

E aggiunse ancora dalle vetrate del ristorante-rifugio Ritsch - Alpe di Siusi: “Gli italiani sapranno tirarsi fuori da soli dalle loro difficoltà”. L’altro grande collegamento del Processo fu da New York, con Giovanni Agnelli, il presidente della Fiat e proprietario della Juventus che rivelò di essere stato lui a ordinare ai bianconeri il lutto al braccio per la morte del re Umberto II di Savoia. È grazie alle telecamere e al riscontro degli ascolti che è nata una triangolazione tra sport-industria e televisione di grande popolarità che ha finito per far concorrenza agli altri programmi di evasione come fiction e quiz. Dopo Il processo del lunedì sono nate tante trasmissioni legate agli avvenimenti sportivi che hanno dominato lo scenario tivù. Nel panel di tutti i tempi spiccano Italia-Germania dei Mondiali di calcio di Spagna 1982 (36 milioni di italiani davanti alla tivù), quando in areo Sandro Pertini e Enzo Bearzot Bearzot riportarono a casa la Coppa del mondo tra un tresette e l’altro.

E poi, Italia-Argentina delle Notti magiche di Italia ‘90 (27 milioni) non avvicinate neppure dal Festival di Sanremo di Pippo Baudo e Anna Falchi (massimo 18 milioni e 400mila telespettatori), dalla Piovra di Michele Placido e Barbara De Rossi, dal Grande fratello, dall’elezione di Papa Francesco. Oggi Rai 1 continua a registrare il primato dei canali, seguita da Canale 5, Rai 3 (grazie alle sedi regionali), Rai 2 è sorpassata da La7 di Urbano Cairo, Rete 4 e Italia uno. L’Auditel, come ha sottolineato il presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi, “ha fatto passi avanti”. Da agosto 2017 l’apparecchietto “meter” è collegato ad ogni televisore di 16.100 famiglie. La svolta avvenne nel 2006 quando la Legge Gasparri affrontò la riforma Auditel per garantire, dopo numerose polemiche e inchieste, trasparenza alle rilevazioni. In una fase di sviluppo della tecnologia e dell’Intelligenza artificiale, l’Auditel ha la necessità di correre con i veloci tempi dell’audiovisivo, spesso in equilibrio instabile tra concorrenza, trasformazioni e ruolo delle piattaforme digitali.

(*) L’Italia secondo Auditel. Quarant’anni di ricerca sul pubblico della tv e dei media a cura di Massimo Scaglioni, Il Mulino 2024, 272 pagine, 28 euro

Aggiornato il 11 dicembre 2024 alle ore 11:47