Riequilibrare le risorse pubblicitarie è una necessità per evitare una concorrenza sleale tra soggetti che operano nel campo dell’informazione e della comunicazione. Il canone della Rai rientra in questo ambito e va visto all’interno della questione della certezza delle risorse pubbliche all’azienda radiotelevisiva di Stato. Appare doveroso quindi ragionare sulla necessità della riforma della Legge Gasparri a distanza di vent’anni dalla sua approvazione. Una riflessione è stata fatta in Senato promossa dalla vicepresidente Licia Ronzulli con la partecipazione del sottosegretario all’editoria Alberto Barachini. Gli editori hanno ribadito la necessità di nuove norme sui mezzi dell’informazione, di combattere tutti coloro che diffondono fake news e la pirateria online e di applicare correttamente l’Intelligenza artificiale. Il sistema dell’informazione, essenziale per ogni Paese democratico, va difeso tutti insieme: imprenditori, giornalisti, autori, tecnici, edicolanti. Di fronte alla grave crisi economica è necessario che Parlamento e Governo adottino strumenti efficaci allo sviluppo del settore a partire dalla revisione della “web tax”, introdotta in un primo tempo per tassare i giganti di Internet e che secondo il presidente del Gruppo Rcs e de La7 Urbano Cairo si è trasformata in realtà un peso per gli altri media.
È opportuna allora per il presidente degli editori (Fieg) Andrea Monti Riffeser una legge di sistema di 5 anni per accompagnare la transizione tra carta e digitale, dando a editori e giornalisti migliori strumenti operativi. Secondo il leader del gruppo La Nazione, il Resto del Carlino, Il Giorno, Quotidiano nazionale si deve procedere a rivedere i limiti di tiratura del 20 per cento sulla concentrazione dei giornali. L’Agenzia dell’autorità garante (Agcom) si trova oggi davanti non solo la carta stampa come vent’anni fa ma anche i siti web e le opportunità online. Se finora in Italia non ci sono state significative chiusure di aziende questo non vuol dire che il settore goda buona salute economica. La Legge Gasparri del 3 maggio 2004 del Governo Berlusconi e firmata dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, prevedeva diverse novità rispetto alle normative vigenti. In particolare dettava norme di principio in materia di sistema radiotelevisivo e della Rai, assegnando al Governo la delega di formulare il Testo unico del sistema. Tra i punti essenziali c’erano i limiti ai gruppi e alla raccolta di risorse economiche, la nuova definizione del Sic (Sistema integrato delle comunicazioni) comprendente la stampa quotidiana, periodica, Internet, radio, televisione, cinema, pubblicità. All’epoca valeva 24 miliardi di euro. Alla legge vennero apportate nel 2007-2008 alcune modifiche nella parte relativa al digitale su indicazioni della Commissione di Bruxelles. L’attuale polemica tra Forza Italia e Lega sulla quota del canone Rai rientra nei contrasti politici.
Per l’editore Urbano Cairo “il canone a 90 euro all’anno o 70 con finanziamento aggiuntivo dello Stato da pagare nelle bollette elettrica non è un grande problema. Anche in Francia e in Spagna lo Stato finanzia la tivù pubblica. Il vero tema è che la Rai conta anche su un 24 per cento di ricavi da pubblicità”. In definitiva, come ha osservato Barachini “di cosa si fa con quelle risorse”. Nella Manovra di bilancio il Governo si impegnerebbe a garantire un contributo di 480 milioni, da ottenere dalla fiscalità generale e cioè di tutti i cittadini. E qui si aprono nuove polemiche. La questione principale che si pone è, invece, se l’Italia sia in grado di costruire una difesa nazionale del sistema dell’informazione messa spesso in pericolo.
Aggiornato il 02 dicembre 2024 alle ore 11:04