L’architettura normativa del Codice Rosso nasce con la sottoscrizione della Convenzione di Istanbul del giorno 11 maggio 2011 ratificata in Italia con la legge 27 giugno 2013 numero 77. Il fenomeno sociale della violenza di genere appare di crescente intensità per due motivi principali. Il primo è la aumentata propensione delle donne che subiscono prevaricazioni fisiche e di manipolazione psicologica a denunciare i maltrattamenti e le violenze; il secondo è la pubblicizzazione del fenomeno da parte dei giornali, delle catene televisive e della rete. Una visibilità che ha indotto vari Paesi alla condivisione di un piano comune di azione ad Istanbul. Un atto di civiltà giuridica pensato per fronteggiare, con strumenti più adeguati e coordinati, lo sradicamento o, quantomeno, la limitazione del grave fenomeno universalmente denominato “violenza di genere” e “violenza domestica”.

Per dare completa attuazione alla Convenzione l’Italia ha provveduto con l’approvazione del Decreto legge 14 agosto 2013 numero 93, convertito in legge il 15 ottobre 2013 numero 119, contenente misure contro la violenza di genere. La norma ha previsto provvedimenti più severi di quelli presenti nel vigente Codice penale italiano. Il cammino normativo prosegue con la legge 19 luglio 2019 numero 69, definita Codice Rosso. Ma anche questa norma ha subito successive modifiche causate dalla scarsa accuratezza nella redazione e nella elaborazione dei suoi contenuti testuali. L’applicabilità di qualsiasi legge nel nostro Paese continua ad essere sottoposta ad una preventiva odissea di rifacimenti, recepimenti, ripensamenti, ridefinizioni degli ambiti di applicabilità, eccetera. La cosiddetta semplificazione normativa continua ad essere un sogno nel cassetto.

Le lacune e le contraddizioni presenti nel decreto legislativo Codice Rosso hanno indotto un gruppo di studiosi a redigere uno strumento di lavoro da utilizzare come guida rapida per muoversi agevolmente tra le pieghe di un provvedimento complesso e facile bersaglio di interpretazioni controverse. I conflitti interpretativi finiscono per allungare i processi decisionali sul tema della violenza. Il testo afferma che le risposte dello Stato non devono limitarsi ad un inasprimento delle pene detentive che, di fatto, non può costituire il principale deterrente. Gli autori di questa ricerca collettiva sostengono un approccio sistemico ai processi correttivi della devianza. Non solo detenzione ma anche sbocco lavorativo con la somministrazione di corsi professionali dei detenuti con la contestuale azione di educazione alla legalità in ambito scolastico coinvolgendo le università e i centri privati di ricerca. Il percorso deve snodarsi su detenzione – recupero a vari livelli – educazione scolastica al rispetto e alla legalità. Per quanto ovvio, va affermato a chiare lettere che il volano per la sua realizzazione è la volontà politica di tutti gli schieramenti presenti in Parlamento, quando sarà considerato un obiettivo prioritario.

Il testo si articola in varie parti. La prima espone ed analizza i contenuti della Convenzione di Istanbul sulla violenza di genere. Procede ad un’analisi del fenomeno dal punto di vista criminologico e chiude con uno studio sull’omicidio. Il testo si articola in nove studi giuridici sui diversi aspetti tecnici della materia e destinati ad una platea di professionisti che operano sul campo e non solo come uno strumento di studio. Il gruppo di autori è costituito da 14 accademici, magistrati e avvocati. Molto utile la disponibilità a fine libro delle rispettive schede biografiche. Di ulteriore utilità sarebbero stati un indice analitico dei temi trattati, un elenco cronologico delle normative esaminate o citate ed infine, il testo completo del Codice Rosso per consultazione rapida e finalizzata. Forse, l’assenza di questi supporti è stata decisa per non appesantire un testo di alto livello tecnico e di fruizione impegnativa e per addetti ai lavori.

Aggiornato il 18 ottobre 2024 alle ore 15:04