Nella sua recente apparizione tivù a Presadiretta (Rai 3), il procuratore di Napoli Nicola Gratteri non ha perso l’occasione per prendersela con l’Ordine dei giornalisti e il sindacato, rei (a suo parere) di aver assunto una posizione debole di fronte sulle presunte limitazioni alla libertà di stampa dell’attuale Governo. E non potevano mancare, nell’intervento del dottor Gratteri, un attacco alla nuova normativa sulle intercettazioni (45 giorni) e un’arringa in difesa dell’attuale sistema. Tra l’altro, l’attenzione dei telespettatori è stata richiamata sul costo delle stesse: “È falso – ha sostenuto Gratteri – dire che le intercettazioni costano troppo. Perché intercettare un telefonino costa tre euro al giorno”. E, aggiungiamo noi, l’importo non è il medesimo se l’apparecchio da intercettare è un 5G; 250 euro al giorno invece per l’utilizzo di un trojan.
Nessuna parola da parte del dottor Gratteri, invece, sull’utilizzo delle intercettazioni che oggi rappresentano più uno strumento per la ricerca del reato che non un fattore e che integri le tesi dell’accusa per un reato già accertato. Nell’ultimo quinquennio (fonte: Wired), stando alla relazione tecnica del Senato, in Italia sono stati intercettati circa 130mila bersagli ogni anno. L’85 per cento delle intercettazioni telefoniche in media richiede due mesi di lavoro per i fornitori, il 12 per cento con microspie ambientali e il 3 per cento con sistemi telematici (per i quali servono circa 73 giorni di lavoro). Ci viene in mente l’indagine-Toti in Liguria ove l’accusa si è presentata con oltre 20 terabyte di intercettazioni telefoniche, audio e video cominciate nell’agosto 2021 e terminate nel 2023, con microspie, trojan e videocamere accesi 24 ore su 24 per anni: altro che tre euro al giorno!
Aggiornato il 15 ottobre 2024 alle ore 15:09