Animale e uomo

Ciascuno di noi ha la propria personale piccola catarsi. Per distrarsi, riposare dalla continuità di un’unica occupazione. Uscire da sé, ricaricarsi, scaricarsi. Io mi catarsizzo con banalissime (dis)occupazioni, curiosare nelle testimonianze di chi ama gli animali, e il pugilato. Interessi divergenti, aggressivo il pugilato, amorosissimo il rapporto con gli animali. Credo vi sia un motivo: la catarsi sgrava entrambe le condizioni interiori. In quanto all’amore verso gli animali. I gatti credo che primeggino addirittura sui cani: I gatti conquisteranno il mondo, una rubrica, un sito, un punto espressivo di immagini e diciture, da vedere e leggere a mezze giornate. Segnature di Mi piace e condivisioni e commenti. Partecipazione da migliaia. Ma ci sono tutti, asinelli, pappagalli fioriti, tartarughe mordacciose, cani d’ogni sorgiva, felini, anche, abbracci con leonesse, testoni leonini che si strascicano coccolosamente, scimmie gorillesche che danno bacini felpati, cavalli che accostano la guancia, la tenerezza degli animali verso i bambini, e dei bambini verso gli animali, il sonno abbracciati di un gatto, un cane un bambino raggiunge il Paradiso terrestre, meta di tutto l’insieme, tornare tra piante, animali, uomini. La città è innaturale.

Come sappiamo c’è un fondamento nell’amore per gli animali, l’amore, appunto, e non basta, l’amore nel quale l’altro, l’animale, resta sempre bambino, resta sempre figlio che non abbandona la casa. L’animale è unilaterale, non inganna. O noi riteniamo che manifesti “amore puro”. Tra le diciture frequentissime delle rubriche leggiamo: dieci anni di amore puro, quindici anni di amore puro, vent’anni di amore puro diciture in tristissime occasioni, la morte, il passaggio del Ponte dell’arcobaleno, viene detto. Una fiumana di condoglianze, e suggerimenti, spesso, di prenderne altri pur non dimenticando gli estinti. Fotografie dei propri gatti, rammemorazioni di quando passarono il Ponte Simba, Nerina, Ester, e quanti altri. Spesso certezza di un aldilà dove ci si rivedrà. L’acme del dolore, quando decidiamo di consegnare alla morte il sofferente e malatissimo cane, gatto o che sia.

Da considerare la memoria degli animali, tra di loro e verso di noi. Se li conosciamo e amiamo ricordano anche dopo anni di separazione, e se sperduti riescono a tornare pure con distanze estreme. Non dico la gioia dei sociali. Che si estremizza quando qualcuno dichiara di aver adottato un cane, un gatto ramingo, o che altro. Abbracci, complimenti, Sei una persona meravigliosa, le immagini di cani, soprattutto, occhi imploranti dentro i canili sono esposte da appassionati che ne chiedono l’adozione, e scorgere quei cani umilissimi, implorativi affligge. Si festeggiano i compleanni, si inneggia chi, dicevo, salva, adotta, e si maledice chi abbandona, fa richiesta di voler lasciare, o è veduto a gettare via un animale. Maledizioni neppure a Satana di pari atrocità. Giustificatissime. L’infamia l’uomo la verticizza quando colpisce bambini e animali, anche se il male è sempre male, scorgere gattini, cagnolini legati, in uno scatolone, persino buttati da macchine suscita voglia annientativa.

C’è posto per dare nome e viene mostrato il soggetto, e centinaia a denominarlo. Non dico le esaltazioni, bellissimo, uguale al mio, cuori grossi, mani battenti, e poi il Fato, se un gatto sta dietro la porta, “Ti ha scelto!”, chiuso, lo devi mettere in casa. Vi è discussione sulla convivenza, sui tipi rovinosi, sui rischi del tenerli in casa o l’uscita, sui veterinari o posti di salute. Sovrasta il bisogno d’amore, darlo, riceverlo, e nella penombra la delusione verso l’ente umano, l’animale come rifugio dalla sfiducia nel prossimo. Francamente non so, forse per un bambino, un vecchio, un mendicante non vi sarebbe il medesimo entusiasmo soccorrevole come per gatto, un cane, persino una gallina, altro soggetto.

Perché? Perché riteniamo l’animale, dicevo, eterno bambino, ingenuo, “puro”, indifeso, mentre l’uomo dovrebbe salvarsi da sé, è uomo, dotato di ragione. Non basta. È l’esperienza deludente dei rapporti umani che spinge alla relazione con gli animali, i quali effettivamente manifestano una verità affettiva che suscita fiducie senza diffidenza. L’uomo diffida dell’uomo non dell’animale, eterno bambino, figlio a vita. Mi limito alla descrizione. A passare tempo in questo culto dell’amore, uno torna rinfrancato a lavorare, magari con vicino il proprio cane che è rimasto a guardarti in attesa di una carezza. Una carezza? Un abbraccio! ma se fosse stata la mia scimmietta Pepè, di immortale memoria, non mi avrebbe consentito di non stare strettissima al mio collo. Tutto il giorno? Assolutamente. Era diventata i miei capelli.

Aggiornato il 08 ottobre 2024 alle ore 10:20