Al Forum Ambrosetti a Cernobbio Sergio Mattarella ha definito la riduzione del debito pubblico una “necessità ineludibile”, evidenziando che l’Italia ha pagato più interessi di quelli pagati insieme da Francia e Germania. Il tema ‒ ha sostenuto ‒ non è puramente finanziario ma costituisce una “questione civile, sociale e democratica, intersecando le questioni della libertà economica e dell’eguaglianza dei cittadini e della credibilità internazionale di uno Stato”.
Da quanto tempo i liberali sostengono la tesi che minor debito, implichi minori tasse e dunque maggiore libertà economica?
O ci piace così tanto il debito pubblico che siamo disposti oltre che a continuare ad accettare che mini la nostra libertà anche a subirne l’attacco alla democrazia dato che mette in discussione la libertà ed il sistema democratico?
Da decenni i liberali sono stati inascoltati, a volte derisi, spesso definiti con dispregio turbo capitalisti, neo liberisti, e chi ha avuto più fantasia si è concesso di tutto. A caso e a sproposito.
Ci auguriamo quindi che il monito del capo dello Stato dia inizio ad una politica coerente di taglio della spesa e del debito, e non solo perché ce lo impone l’Europa, ma per presa di coscienza che i soldi pubblici non esistono. Anche se la riduzione della spesa non dovrebbe riguardare solo il governo centrale ma anche quelli locali, vera fonte di spesa con risultati non sempre brillanti.
Da questo punto di vista l’ulteriore invito fatto alla platea del forum Ambrosetti da parte del presidente della Repubblica a non temere le riforme, ci si augura venga letto dagli attori politici ed economici come una necessità indefettibile di concorrere tutti all’inversione della tendenza alla propensione alla spesa in luogo della sua riduzione, per avere un vero e sano sviluppo economico e sociale del Paese.
Nelle stesse ore in cui Mattarella ci parlava di libertà economica, Matteo Renzi, intervistato sul caso del ministro della Cultura, ci forniva il suo giudizio politico sull’operato dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano, accusandolo di aver emanato come primo atto, la soppressione del contributo per i 18enni per acquisto di “beni culturali”.
Spiega l’ex premier che la motivazione fornita a giustificazione della soppressione della mancetta di Stato ai giovani a suo parere non sia sufficiente per decretarne la fine. La misura infatti, sarebbe stata eliminata per via di alcune distorsioni di utilizzo. Fatto grave, quindi bene aver soppresso la spesa, pensa il tax payer. Lui, invece, quello del bonus degli 80 euro istituito poco prima delle elezioni, a questi tagli effettuati da parte del governo in carica, non ci sta. Vorrete mica far scoprire al popolo come con pochi spiccioli (delle loro tasse) siano stati fatti felici alcuni elettori? E poco importa se qualcuno abbia abusato della somma regalata dallo Stato. Dallo spreco di 500 euro a perdite di 50 milioni è un attimo!
Noi liberali invece, ci auguriamo che quel periodo di spesa corrente improduttiva, di tasse e balzelli come le buste ‒ a pagamento ‒ per frutta e verdura al supermercato sia capitolo chiuso in questo Paese, e si proceda speditamente al taglio degli sprechi e della spesa pubblica, taglio che fa il bene di tutti e non di pochi.
Sono le tasse che vanno ridotte per aumentare il potere di acquisto delle famiglie e non dare l’obolo a fronte della fornitura dei dati, della creazione dello spid etc. Come dice l’adagio: “Se un prodotto ti viene offerto gratis, il prodotto sei tu, il prezzo sono i tuoi dati”. Certi scambi sanno di stantio da lontano.
(*) Leggi il Taccuino liberale #1, #2, #3, #4, #5
Aggiornato il 13 settembre 2024 alle ore 18:38