L’assuefazione culturale all’allarme terrorismo

Aprendo Il Giornale stamattina, si notano due notizie messe una accanto all’altra subito dopo gli articoli di apertura. Entrambe riportano fatti legati all’istigazione al terrorismo: Parigi e Milano sono le città dove i fatti sono avvenuti, nel silenzio dei più.

Nella capitale francese, durante una manifestazione filopalestinese organizzata domenica nella Ville Lumière, l’imam-influencer Elias d’Imzalène è salito sul palco di Place de la Nation per invocare “l’intifada a Parigi”. Queste le sue parole: “Per le nostre banlieue, per mostrare che la strada verso la liberazione parte da noi, che l’intifada parta da Parigi e passi per Marsiglia! Siamo pronti!?».

Questo quarantenne francese, di cui il vero nome è El Yess Zarelli, per gli 007 è schedato Fiche S. Pericoloso, ma nessuno lo ha fermato. Le poche reazioni si sono avute dopo che lo stesso ha pubblicato sui propri profili social l’esaltazione del proprio sermone, ribadendo: “Presto Gerusalemme sarà liberata e potremo pregare nella Masjid a-Aqsa. Il genocidio ha dei complici, Biden e quel Macron che è anche il ladro delle elezioni, giusto? Conosciamo i ladri che vivono all’Eliseo e a Matignon, pronti per liberarci anche di loro?”.

Il ministro dell’Interno dimissionario Darmanin l’ha denunciato per istigazione ad armarsi contro l’autorità dello Stato, la popolazione e le persone di fede ebraica. Valérie Pécresse, presidente dell’Île-de-France, ha dichiarato: “È una vergogna, diciamo stop agli ingegneri del caos!”. Il predicatore Hassen Chalghoumi, sotto scorta da 18 anni, ha invitato il neopremier Barnier a essere più “fermo” con certi personaggi. Ma i più hanno taciuto e, con la scusa della libertà di espressione, hanno girato la testa da un’altra parte.

Cambio scena. A Milano Mahdi Tbitbi, 28enne marocchino arrivato in Italia nel 2011, è stato arrestato ieri mattina dagli investigatori dell’Antiterrorismo dalla Digos di Milano, guidati dal funzionario Beniamino Manganaro e dal neo dirigente Giuseppe Marotta, con l’accusa di istigazione a delinquere finalizzata al terrorismo. Tbitbi aveva già precedenti contro la persona e il patrimonio. Sui propri social, già un anno fa, scriveva che “l’Islam è la religione della verità”. E in risposta a chi gli chiedeva se fosse disposto a uccidere chiunque non la pensasse come lui, ribadiva: “A volte mi arriva una rabbia che sterminerei con il nucleare...Morire non è un problema...Arriva il momento che morire sarà più confortevole”. L’indagine della Procura di Milano è nata circa un anno fa grazie a un esposto di Daniele Capezzone, che svelava come nel mirino delle invettive di Tbitbi ci fossero anche la premier Giorgia Meloni e il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte: “Fra un mese − scriveva il 28enne a novembre − io vado spero per sempre. Siate pronti alla guerra. @giorgiameloni @giuseppeconte_ufficiale”. Fino ad allora, nessuno si era posto il problema.

Questi due episodi dovrebbero farci porre qualche interrogativo, tra il serio ed il faceto: e se qualsiasi persona occidentale andasse in un paese musulmano per inneggiare ai valori occidentali (libertà, diritti umani, Stato di diritto), cosa succederebbe? Si può essere tolleranti con gli intolleranti? Karl Popper sosteneva che una collettività caratterizzata da tolleranza indiscriminata è inevitabilmente destinata ad essere stravolta e successivamente dominata dalle frange intolleranti presenti al suo interno. Siamo davvero così accecati dal senso di colpa e dal bisogno di sentirci buoni e (finti) inclusivi da non vedere i rischi che questo comporta? O forse, da dopo il drammatico 11 settembre 2001, siamo tutti talmente assuefatti all’allarme terrorismo da non tenerne più nemmeno conto. Forse siamo rassegnati all’ineluttabilità degli eventi. Eppure, allora, fu Oriana Fallaci (per fare solo un esempio) a lanciare l’allarme. Che suscitò reazioni furibonde degli “illuminati”. E che rimase inascoltato fino alla sua morte.

Speriamo che non sia troppo tardi ora.

Aggiornato il 12 settembre 2024 alle ore 12:07