Molti non sanno che il manicheismo nasce come religione manichea, dal nome del suo fondatore Mani, vissuto nel III secolo dopo Cristo in Persia, oggi Iran, e scompare nel XIV secolo. Esso rappresenta “una tendenza a contrapporre in modo rigido e dogmatico principî, atteggiamenti o posizioni ritenuti inconciliabili, come fossero opposte espressioni di bene e male, di vero e falso” (Treccani). Questa visione dualistica è tipica dello sviluppo infantile nel quale, il bambino, non essendo ancora in grado di sviluppare un pensiero complesso osserva e si spiega la realtà in modo semplice: buono-cattivo, vero-falso, bianco-nero, amico-nemico. Purtroppo questo meccanismo atavico del pensiero umano non sempre evolve in età matura in un pensiero complesso. Ma fin qui il tutto rientra nella imprevedibilità umana. Cosa diversa è quando si vuole manipolare il comportamento umano risvegliando questa parte del pensiero infantile. Come dice Daniel Kahneman, il nostro cervello va a risparmio energetico, per cui quando più ci è facile avere una comprensione intuitiva di un messaggio che leggiamo o ascoltiamo e trovandolo logico senza sforzo perché funzionale al dualismo con cui siamo cresciuti, diventiamo facile preda della manipolazione.
A scuola abbiamo sempre studiato che le guerre le combattono gli eserciti (non sempre vero perché i civili sono sempre inevitabilmente coinvolti) i quali a loro volta hanno una divisa che non serve solo per distinguere l’amico-nemico (una coppia manichea), ma per indicare al popolo chi odiare: non a caso il terrorismo fa saltare questo aspetto e si parla di guerra “asimmetrica”. Anche il digitale fa regredire la mente umana al pensiero manicheo, anzi gli da quasi un attestato di competenza e di democrazia. Le polis greche avevano la loro Agorà come spazio libero dove i cittadini esprimevano le loro opinioni e prendevano le loro decisioni. In Internet e sui social c’è lo spazio più libero che il mondo abbia mai avuto, dove ognuno, con competenze vere o presunte o anche in assenza di competenze, si può esprimere su tutto lo scibile umano.
È certamente un fatto positivo, anche se i social hanno i loro filtri non sempre democratici, (ma questo è un altro discorso). I social, volenti o nolenti, tendono a polarizzare (manicheismo) i messaggi, sia perché gli algoritmi tendono a farti vedere ciò che tu gradisci, per cui rinforzano nel lettore le sue convinzioni (dunque nessun dubbio) sia perché qualunque messaggio o video non può essere troppo lungo – per i limiti del sistema – ma anche per la difficoltà a essere letto. Questo risveglio di una vecchia modalità infantile viene anche propagata dai media e supportato dal sistema elettorale maggioritario che, a differenza del proporzionale, obbligava e obbligherebbe anche i media a tener presente le diversità culturali dei vari partiti.
Il pensiero manicheo è il pensiero divisivo per eccellenza e il prodromo allo scoppio di una guerra e al sostenerla con la propaganda, è la condizione per una guerra civile. È la condizione per odiare non l’immigrato ma lo straniero che poi è anche immigrato (perché lo straniero è l’estraneo, il non conosciuto) ed è funzionale alla manipolazione del termine immigrato. Così, inconsciamente, si comincia a odiare colui che si conosce ma è estraneo come gli europei. Alcuni fenomeni sociali come l’immigrazione non vengono affrontati nella loro complessità ma in modo manicheo, per cui se non sei accogliente sei razzista, anche se il sistema di accoglienza fa schifo o se poni il problema che sono fondamentalmente i mussulmani a non integrarsi diventi islamofobico. Per cui è impossibile approfondire una qualunque soluzione per studiare un fenomeno, inoltre lo studio non è funzionale alla propaganda di cui i due sistemi si alimentano ai danni dei cittadini.
Affermare che non tutta l’immigrazione è compatibile con la nostra cultura non è razzismo ma è prendere atto di una diversità e studiare le possibili soluzioni. Allora potremmo scoprire ad esempio leggendo la carta dei diritti umani dell’Onu che molti Paesi arabi se vogliono stare nella comunità internazionale devono dare una lettura dell’Islam non fondamentalista e non manicheo (ormai c’è una finanza di Paesi arabi che condiziona la politica: lo scandalo Qatargate di cui si è persa memoria docet). Questo aumento della violenza di genere e dei femminicidi dipende anche dall’affermazione inculturale del pensiero manicheo per il quale nella sua barbara dicotomia, non accettando il rifiuto e la diversità, sviluppa rabbia e violenza, altro che ritorno al fascismo, è il pensiero manicheo una forma di fasciocomunismo. Il pensiero manicheo è talmente subdolo che, ad esempio, la cosiddetta sinistra (e i media che la supportano) lo usa a piene mani dividendo il mondo. Certamente anche a destra c’è questo fenomeno ma è più lieve, per quanto entrambi gli schieramenti ne traggano beneficio. Non è un caso che ormai votano meno della metà degli elettori e le frange estreme ne traggono beneficio, in un corto circuito che si autoalimenta nella società proprio perché essendo estreme sono manichee.
“Che fare?”, diceva Lenin. Unire i riformisti sarebbe l’inizio per contrastare il manicheismo imperante e per prima cosa un ritorno al proporzionale in politica al primo turno è per me una condizione di base perché obbligherebbe la finanza – che possiede i media – a dare spazio alla complessità che ogni partito avrebbe modo di esprimere, secondo, ritorno al finanziamento pubblico e/o immunità parlamentare e/o profonda riforma del sistema giustizia con meritocrazia e responsabilità personale di chi indaga e di chi giudica. Questo sul versante istituzionale, ma serve anche una profonda riforma del sistema scolastico, certamente si devono usare le nuove tecnologie e l’Intelligenza artificiale ma a una certa età.
Per combattere il pensiero manicheo è necessario muoversi su due direttrici:
1) il ritorno, dalle elementari alle medie, dello studio scritto e mnemonico della storia della letteratura, della geografia e della matematica, e affrontare il problema dei rischi della rete con un patentino digitale.
2) socialità ed empatia, sono gli strumenti fondamentali della nostra umanità che si possono sviluppare mediante attività extra scolastica obbligatoria, con un servizio civile affidato alla Protezione civile e alla Croce rossa che a loro volta potranno farsi affiancare da associazioni del terzo settore per le attività teatrali, canore, di dizione, ambientali, sportive e sociali in genere nei mesi in cui la scuola chiude, evitando un classismo per cui coloro che sono benestanti mandano i figli in centri estivi e gli altri sono abbandonati a se stessi. La cultura del dubbio, la cultura della complessità si può affermare solo con la socialità e non con la tecnologia, essa deve essere solo uno strumento al nostro servizio.
Aggiornato il 11 settembre 2024 alle ore 09:21