A prima vista sembra una storia come tante, che inizia con un uomo e una donna – colleghi di lavoro – che hanno deciso di sposarsi anziché intraprendere una relazione diciamo “parallela”, “nascosta”. Sicuramente, meno impegnativa della routine matrimoniale classica. Cerimonia, pranzo con gli invitati, foto di rito e via dicendo.
Per i due nostri protagonisti, invece, non è andato tutto così liscio. Infatti i due sono dipendenti dell’Istituto per le opere di religione, la banca del Vaticano, nella quale entrambi sono funzionari. Come ha riportato l’altro giorno il quotidiano romano Il Messaggero, i regolamenti interni dello Ior proibiscono il matrimonio tra due dipendenti, pena licenziamento dei coniugi dopo 30 giorni dalla cerimonia. Ma ci sarebbe anche un’altra via per “pagare” le conseguenze dello scambio delle fedi: uno dei due coniugi dovrebbe dimettersi volontariamente dall’istituto e tutto ritornerebbe nella norma (dello Ior). E tutti i bei discorsi sulla famiglia “regolare” e via dicendo? Non pervenuti, o finiti per errore magari in qualche pratica di fido.
Si legge che, secondo la banca vaticana, le nozze tra colleghi sono vietate per “far prevalere l’interesse pubblico di cui è portatrice, in quanto Ente centrale della Chiesa. Interesse pubblico che, necessariamente, deve prevalere rispetto agli interessi individuali dei singoli dipendenti”.
Abbiamo l’impressione che la diatriba tra Ior e Adiv (una sorta di sindacato che rappresenta i dipendenti laici del Vaticano e che si è schierato a favore dei due bancari) finirà prima o poi nelle mani di Papa Francesco il cui parere sarà (si spera) quello finale. Intanto, viva gli sposi.
Aggiornato il 06 settembre 2024 alle ore 12:08