Delitto immotivato? Motivatissimo! Tra i molti “complessi” delle varie ramificazione della psicologia comprendendo ovviamente psichiatria, neurologia e psicoanalisi, c’è posto per il Complesso di Erostrato, un personaggio della mitologia greca il quale da pastore comune si mutò in distruttore di un Tempio grandioso sacrato ad Artemide (Diana). Tanto maggiore la distruzione, massimo il ricordo, ed in tal modo il buon pastore che sembrava (era) un cittadino qualsiasi, divenne personaggio memorabile.
Cosa fermenta in persone dall’esistenza qualsiasi? Sovente ambizioni irrealistiche o irrealizzate, invidia sociale, risentimento (Dostoevskjj, Nietzsche), uomini del sottosuolo, buoni perché sconfitti ma perché sconfitti in attesa di vendetta, rivalsa. Covano ed esplodono. Quando il sentirsi fallito prevale sul controllo, insorge la sola uscita: distruggere. L’altro, chiunque, è responsabile del fallimento o soggetto di risentimento, di scarica alle energie contratte del perdente. Non è un “delitto gratuito” come si dilettava a concepire André Gide al tempo di un niccianesimo rascolnicolfiano (Dostoevskij, Nietzsche) dei primi anni del XX secolo È un delitto socialmente scatenato, vincere su qualcuno per oltrepassare il sentirsi perdente. Il personaggio che incarna tale movimentazione psicologica e socialmente condizionata è un giovane ma non giovanissimo; dato importante, un giovanissimo ha il futuro, una impaziente attesa, un non del tutto giovane ha già tentativi falliti, mancanze. Pare volesse darsi all’esibizione canora o recitativa, Moussa Sangare, si alterava i capelli, ambiva essere visto, personaggio di spettacolo, ma non riuscendo doveva rivalersi. Su chi? Chiunque. L’altro che non lo ammirava, non lo rendeva celebre, non lo traeva da un’esistenza annebbiata, di scarto. L’Io si comprimeva, il narcisismo svalutava se stesso, insostenibile, doveva capovolgere l’afflizione, un delitto, annientare, prevalere, risarcirsi. E così una donna semplice, sana e felice di vivere viene uccisa all’altare del narcisista che temeva di non essere ammirato. Lei pagava per l’intera società che obliterava il narcisista.
Non intendo ampliare la circostanza fare di un evento un sintomo. Ma sintomo lo è. Se persone emarginate crescono, l’integrazione fallisce, la prospettiva di una vita migliorata delude mentre le nostre società sembrano sfolgorio di esibitori avremo molti giovano non giovanissimi che affideranno alla violenza la loro affermazione. Vedremo come si svilupperanno le nostre società. Se la profezia di una sottoproletarizzazione delle nostre società si attuerà avverrà non il socialismo dell’invidia (Marx), ma l’individualismo dell’invidia. E questo è un caso, direi “il caso” dell’individualismo dell’invidia. Ciascun individuo fallito accuserà l’altro, chi capita capita, del proprio fallimento.
Ripeto, non bisogna rendere un caso un fenomeno generalizzato. Ma è un pessimo segno. Appare in vista il risentimento omicida. Nettamente. Sarà circoscritto ma raramente accade in modo tanto nitido. Non è un buon segno. Spiacersi sentitamente per la sorte della vittima, Sharon Verzeni, è un obbligo. Sentito. È un delitto sociale! Nessun disturbo mentale. Una coscientissima vendetta di fallito risentito.
Aggiornato il 04 settembre 2024 alle ore 12:43