Summit di fine mese tra i 4 leader della coalizione di Governo (Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Antonio Tajani, Maurizio Lupi) dopo un’estate tempestata da tensioni internazionali e polemiche interne. I dossier che Palazzo Chigi dovrà esaminare e sui quali prendere una decisione vanno dall’ufficializzazione del candidato italiano alla Commissione di Bruxelles alle scelte delle politiche per il Mediterraneo (soprattutto in materia d’immigrazione), dal perfezionamento delle riforme sul premierato, l’autonomia differenziata regionale, dal provvedimento chiesto da Bruxelles sulla concessione delle spiagge in base alla direttiva Bolkestein alla perfezione della bozza di bilancio da presentare all’Unione europea entro il 22 settembre, dal nodo delle auto elettriche (contrasti sui dazi alla Cina) alle vicende della crisi di Stellantis. Tra le priorità del Governo ci sono anche il rinnovo dei vertici della Rai e delle Ferrovie, aziende a capitale pubblico. Sulla Rai si è scatenata nei mesi di luglio e agosto una disputa politica e sindacale tra le più accese, con divisioni, spartizioni, lottizzazioni che hanno dominato gli scenari del servizio pubblico radio-televisivo.
L’assetto del vertice di Viale Mazzini è fatto per incrementare scontri e lotte di potere. Da quando è in vigore la riorganizzazione tri-culturale (Rai 1 ai cattolici, Rai 2 ai socialisti e liberali, Rai 3 agli eredi del Partito comunista) non si è arrestato il braccio di ferro dei partiti per assicurarsi un ruolo preminente nella gestione dell’azienda e dei telegiornali, con sconfinamenti alle trasmissioni chiamate di approfondimento e a quelle di spettacolo (incursioni politiche persino al Festival di Sanremo che, dopo Amadeus trasmigrato alla Nove da settembre, è affidato a Carlo Conti, che ha annunciato serate meno kolossal all’insegna di musica e canzoni con la presenza di 24 big e 4 giovani. Sono trascorsi circa 700 giorni dal giuramento della premier Giorgia Meloni e della sua squadra di Governo. C’è la necessità di accelerare i tempi del percorso per realizzare il cambiamento promesso nella vincente campagna elettorale.
È un discorso che coinvolge la Rai. Per mettere mano alle modifiche delle norme fissate nel 2017 dal Governo Renzi occorre procedere, con celerità, al rinnovo della governance di Viale Mazzini, lasciando dietro le spalle le polemiche su Telemeloni, avendo in Rai, come osservato da Bruno Vespa, dominato sempre la sinistra. Polemiche a parte ed eventuale ostruzionismo delle opposizioni, si parte da una data fissata dai presidenti Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa: il 12 settembre Camera e Senato eleggeranno i rispettivi due membri del Consiglio di amministrazione. Altri due, compreso l’amministratore delegato, saranno nominati dal Ministero del Tesoro (azionista di maggioranza). Il settimo è già stato scelto dai dipendenti aziendali, che hanno riconfermato il sindacalista della Cgil Davide Di Pietro.
Le complicazioni arrivano dal criterio di nomina del presidente del Cda. Dimessasi per andare alla Bbc Marinella Soldi, la maggioranza ha individuato in Simona Agnes (figlia di Biagio, consigliera uscente, esperta in comunicazioni radiotelevisive) la candidata idonea alla carica. Il problema è che sono necessari i due terzi dei voti della Commissione parlamentare di Vigilanza: cioè 27 voti sui 40 deputati e senatori del plenum. Altro rebus è la conferma del duo Giampaolo Rossi-Roberto Sergio che erano stati indicati a maggio 2023 dal Consiglio dei ministri come direttore generale e amministratore delegato. Restano ancora in piedi alcuni dubbi della Lega, che vorrebbe avere più peso all’interno dell’azienda.
Aggiornato il 27 agosto 2024 alle ore 14:40