L’installazione massiccia da parte dei Comuni italiani solleva seri dubbi sulla loro reale utilità.
Non più mezzi per garantire la sicurezza stradale,
bensì strumenti di facile guadagno
a scapito dei cittadini, vittime
di una strategia fiscale mascherata da prevenzione.
Negli ultimi anni, l’utilizzo degli autovelox da parte dei Comuni ha conosciuto una crescita esponenziale, con una proliferazione di questi dispositivi lungo strade urbane ed extraurbane. Se l’intento dichiarato è quello di migliorare la sicurezza stradale, riducendo la velocità dei veicoli e prevenendo incidenti, la realtà sembra rivelare ben altro. Sempre più spesso, infatti, gli autovelox si trasformano in strumenti di facile guadagno per le casse comunali, sollevando legittimi interrogativi sul loro effettivo scopo e sulla loro compatibilità con i principi di giustizia e libertà individuale che dovrebbero informare una società liberale.
È indubbio che il rispetto delle regole di circolazione sia fondamentale per la sicurezza di tutti, ma ciò che risulta sempre più evidente è come l’uso massiccio e indiscriminato di detti strumenti stia diventando un mezzo subdolo per fare cassa, colpendo in modo sproporzionato i cittadini.
La recente decisione della Corte di Cassazione (n. 29595 del 7 ottobre 2023), che ha stabilito l’obbligo di taratura periodica dei dispositivi di cui trattasi, ha acceso i riflettori su una questione cruciale: l’affidabilità di questi strumenti e la loro corretta gestione. I giudici hanno chiarito che: “L’assenza di verifica periodica degli strumenti di rilevazione automatica della velocità li rende inaffidabili e, pertanto, ogni verbale elevato su tale base è da considerarsi nullo”. Questa affermazione mette in luce non solo i limiti tecnici degli autovelox, ma anche l’uso distorto che ne fanno alcuni enti locali, più interessati in realtà a incrementare le proprie entrate che a tutelare la sicurezza stradale.
L’iniziativa legislativa dell’attuale Governo, volta a regolamentare più stringentemente l’uso di siffatti apparecchi, rappresenta un passo nella giusta direzione. Il disegno di legge proposto mira a limitare gli abusi, stabilendo criteri più rigorosi per l’installazione e l’utilizzo di questi dispositivi. Tuttavia, occorre chiedersi se queste misure siano sufficienti a contrastare un fenomeno che affonda le radici in una concezione del tutto distorta del ruolo dello Stato e degli enti pubblici. Essi, infatti, non dovrebbero mai utilizzare i propri poteri per vessare i cittadini, ma dovrebbero piuttosto agire come garanti delle libertà individuali, compresa quella di circolare liberamente senza essere sottoposti a controlli opprimenti e ingiusti.
A tal proposito, risuonano con particolare rilevanza le parole di John Stuart Mill, secondo cui: “Il potere che può essere esercitato legittimamente su qualsiasi membro di una comunità civilizzata, contro la sua volontà, è quello di prevenire il danno agli altri. Il bene della comunità non giustifica l’oppressione dell’individuo”. Quando gli enti pubblici utilizzano gli autovelox per scopi puramente fiscali, si tradisce questa concezione della legge, trasformandola in uno strumento di arbitrio e oppressione.
Diversi interventi della stampa hanno recentemente evidenziato come l’uso degli strumenti in questione stia degenerando in un vero e proprio abuso. Numerosi giornali hanno riportato casi emblematici di Comuni che hanno trasformato strade tranquille e poco trafficate in trappole per automobilisti, con limiti di velocità irragionevolmente bassi e dispositivi di rilevamento posizionati in modo tale da massimizzare le multe.
Queste pratiche, lungi dal migliorare la sicurezza stradale, sembrano avere come unico obiettivo quello di far cassa. È emblematico il caso denunciato da Assoutenti, che ha esaminato i dati sui proventi delle sanzioni stradali pubblicati dal ministero dell’Interno e rilevato come il caso più eclatante sia quello di un piccolo comune delle Dolomiti, Colle Santa Lucia (Bl). Lo stesso. nonostante conti poco più di 350 abitanti ha incassato nel triennio 2021-2023 la bellezza di 1.265.822 euro grazie all’unico autovelox installato sul proprio territorio, l’equivalente di 3.616 euro a cittadino residente.
Altra strada famosa è la via Flacca che attraversa il litorale del sud laziale: qui il Comune di Terracina ha incassato lo scorso anno 2.177.914 euro grazie agli apparecchi di rilevazione della velocità, 506.886 euro Formia, 365.326 euro Gaeta. Anche i comuni del Salento nel 2023 hanno registrato incassi milionari grazie agli apparecchi di rilevazione automatica della velocità: oltre 8,7 milioni di euro in appena 4 comuni (4.770.631 euro Galatina, 1.830.484 euro Trepuzzi, 1.240.770 euro Cavallino, mentre il comune di Melpignano si ferma a 898.986 euro).
Episodi come quelli indicati, e l’elenco potrebbe ancora continuare, rivelano la distorsione di un sistema che, invece di garantire il rispetto delle regole, punta a sfruttare l’imperfezione delle stesse per incrementare le risorse finanziarie degli enti locali.
Questo fenomeno non è solo un problema di equità, ma solleva anche questioni di ordine più ampio. In primo luogo, l’abuso degli autovelox contribuisce a creare un clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni. I cittadini, percependo l’azione del Comune come vessatoria, perdono fiducia nella capacità dello Stato di agire in loro favore e non contro di loro. In secondo luogo, l’uso distorto degli autovelox è incompatibile con i principi di un sistema liberale.
La libertà individuale, che è alla base di ogni società liberale, richiede che le leggi siano chiare, giuste e applicate in modo equo. Come sottolineato nella citata sentenza della Cassazione: “Il diritto dei cittadini a circolare in sicurezza non può essere subordinato agli interessi finanziari degli enti locali”. Detta affermazione evidenzia la necessità di un bilanciamento tra l’esigenza di sicurezza stradale e la tutela dei diritti individuali, un bilanciamento che sembra essere sempre più compromesso dall’uso distorto degli autovelox.
Nella sua opera, Capitalismo e libertà, Milton Friedman ha avvertito riguardo ai pericoli insiti nel potere statale, sottolineando che: “La società che mette l’uguaglianza davanti alla libertà finirà per non avere né l’una né l’altra. La società che mette la libertà davanti all’uguaglianza avrà un alto grado di entrambe”.
La libertà individuale, inclusa quella di non essere ingiustamente perseguiti da sanzioni sproporzionate, deve essere sempre prioritaria. Quando l’uguaglianza (qui intesa come uniformità nella punizione senza considerare le circostanze specifiche) viene usata come scusa per implementare misure come l’uso indiscriminato degli autovelox, si rischia di perdere entrambe: sia la libertà che la giustizia.
È fondamentale, dunque, che il legislatore intervenga con decisione per riportare l’uso delle più volte indicate apparecchiature entro i confini di una gestione responsabile e rispettosa dei diritti dei cittadini. Occorre introdurre norme che impediscano ai Comuni di utilizzare questi strumenti come macchine da soldi, invitandoli nel contempo ad adottare interventi per il miglioramento delle strade e la sicurezza stradale. Solo così si potrà restituire agli autovelox la loro funzione originaria di strumenti di prevenzione, riducendo il numero di incidenti e salvaguardando la vita delle persone.
In una società autenticamente liberale, il potere pubblico deve essere non solo limitato ma anche esercitato con moderazione e sempre nell’interesse dei cittadini. Il rispetto della legge è un dovere, ma è altrettanto doveroso che le leggi siano giuste e applicate in modo equo. L’abuso degli strumenti di rilevazione della velocità da parte degli enti locali rappresenta una violazione di questi principi fondamentali e deve essere contrastato con fermezza. L’iniziativa dell’Esecutivo è un primo passo importante, ma è necessario un cambiamento culturale più ampio: i Comuni devono tornare a essere amministratori responsabili e non esattori di un fisco mascherato da sicurezza stradale.
Solo recuperando questo senso di equilibrio e giustizia si potrà ristabilire un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, fondato sul rispetto reciproco e sulla condivisione di obiettivi comuni, primo tra tutti quello di una società sicura, libera e giusta.
Aggiornato il 26 agosto 2024 alle ore 13:32