Mai più Scampia: umanizzare l’architettura

Peccato per il grande maestro Le Corbusier, ma le sue Machine à Habiter si sono rivelate un vero ecomostro urbano, prendendo a riferimento le Vele di Scampia e il Serpentone del Corviale. Perché è accaduto tutto questo? Stando all’archistar di fama mondiale come Stefano Boeri (il creatore del Bosco verticale milanese), la ragione di tanto disastro è dovuta alla convinzione errata che l’architettura possa generare da sola spazi di autosufficienza sociale. Si è così voluto coniugare le famose “Macchine abitative” lecorbuseriane con la cultura metabolista giapponese, che rinnega soluzioni urbanistiche e modelli tradizionali, a favore di un tipo di struttura urbana duttile e mutevole, caratterizzata da un design di elevato standard qualitativo. Ora, andrebbe quasi tutto bene se le funzioni, i servizi (sanitari, formativi e commerciali) e gli spazi collettivi integrati all’interno delle Machine avessero ricevuto le risorse finanziare adeguate per il loro funzionamento. Al contrario, concentrando come nelle Vele una popolazione omogenea a basso reddito e non facendo manutenzione periodica di quei mega immobili, si sono creati ghetti e non comunità urbane compiute. Le Vele, per di più, sono state realizzate “fuori dai campi” (da lì Scampia), lontane dal centro della città e dai suoi quartieri ad alta densità edilizia, ma abitati da culture e storie diverse. Allora, come si umanizza la funzione dell’abitare in termini di conservazione delle tradizioni per quanto riguarda i nuovi insediamenti, facendo esattamente all’opposto del caso italiano e di quello francese, con le sue nuove, disumanizzanti “ville nouvelles” abbandonate a se stesse e allo stesso degrado di Scampia/Corviale?

L’idea (che vale di sicuro una fortuna per gli sviluppatori dell’Ai che ne sapranno cogliere le rilevanti opportunità) è molto semplice. L’obiettivo è ottenere una applicazione generativa in materia di progettazione urbanistica, finalizzata a recuperare tutti i valori progettuali del bello e de l’umano che sono contenuti negli spazi urbanistico-architettonici di tutti i borghi medievali e di tutti i centri storici antichi, nostri come del resto del mondo. La finalità è di riempire i nuovi spazi urbani edificabili progettandoli in un blocco omogeneo, come se si trattasse di un essere vivente, con un corpo pesante e un tessuto vivo e curvilineo di strade, vicoli, piazze, facciate e cortili. L’Ai generativa (che, nel nostro caso, chiameremo “Odysseus”) è facilmente in grado di realizzare tutto questo, ricombinando all’infinito e rimettendo in campo per l’uomo moderno le armonie perfette di quelle bellezze storico-architettoniche, per così dire, “naturali”. Queste ultime costituite dai materiali utilizzati per la costruzione nel tempo dei centri antichi, piccoli e grandi, e da un numero rilevante ma finito di rapporti matematici esistenti tra vie, piazze, edifici, stili, volumi di pieni e vuoti (finestre, poggi, logge e così via) delle facciate, da recensire e immagazzinare in un Big Data dedicato. Basterà per questo ricorrere alla visione satellitare di ogni singolo borgo/centro storico e blocco minimale di esso, inquadrando in ogni suo aspetto il “corpus” planivolumetrico e il tessuto arterioso e capillare delle vie interne di comunicazione.

Da qui, il gioco è praticamente fatto. Assegnata un’area sufficientemente grande di terreno libero edificabile e la relativa mappa con le curve di livello, Odysseus procede a formulare tridimensionalmente le (infinite) soluzioni possibili di riempimento, avvalendosi delle distribuzioni statistiche elaborate a partire dal dato fisico reale. Laddove quest’ultimo, per definizione, contiene tutte le “sezioni auree” spontanee e poi matematizzate che la stratificazione millenaria delle esperienze del costruire ha realizzato nel tempo. Nel nuovo blocco-borgo omogeneo appariranno il reticolo viario, le parti a verde privato e comune; l’allineamento e il profilo dell’insieme degli edifici; la foliazione dei terrazzamenti, le parti rientranti e aggettanti, il sistema stilistico delle aperture nelle facciate, e così via. La parte di Ai-imaging presenta poi ai progettisti e ai decisori politico-amministrativi tutte le combinazioni possibili per il riempimento della nuova area urbana, proponendo per il neo blocco-borgo e per una soluzione data di quest’ultimo tutte le prospettive richieste ad alta risoluzione e alle scale desiderate. In tal senso, saranno di grande utilità i Big Data di Odysseus per approfondire e riproporre tecniche avanzate di indagine architettonica. A questo punto, sulle scelte possibili interviene il fattore umano del team di progettisti, che valuta le varie soluzioni virtuali proposte da Odysseus, scegliendo quelle ritenute particolarmente brillanti per funzionalità e gusto estetico. Per alcune di queste ultime si autorizza l’algoritmo a tradurle e realizzarle in una scala opportuna con l’ausilio di una stampante 3D, che lavora su di un materiale del tipo polistirolo espanso, in modo che con cutter e colori i progettisti possano intervenire per i successivi adattamenti estetici e pratico-costruttivi sulle varie parti della(e) soluzione(i) proposta(e) da Odysseus.

Come si vede, l’esercizio creativo diviene così realmente illimitato, potendo scegliere tra un mix senza limiti di soluzioni ottimali, calibrate sulle esigenze reali per la conversione del tessuto e del blocco virtuale a quello reale. Quest’ultimo, cioè, destinato a ospitare tutte le attività umane (esercizi commerciali, plessi di formazione scolastica, spazio libero, e luoghi collettivi di incontro e così via) per ricostruire, oltre allo spirito abitativo, una nuova comunità complessa, che abbia diritto all’osmosi e ai collegamenti rapidi con il resto della città antica e moderna preesistente, per l’integrazione piena tra vecchi e nuovi insediamenti urbani. Non un’utopia, come si vede, dato che oggi l’Ai generativa è in grado di fare questo e molto altro di decisamente più complesso.

Aggiornato il 30 luglio 2024 alle ore 11:20