Un giornalista deve scrivere su un avvenimento ma si danna per trovare notizie al di fuori di un elenco di nomi, illustri solo a circuito chiuso.
Poi, però, benedirà un ufficio-stampa rimasto alle deferenze obbligatorie degli anni 50, per averlo costretto ad attraversare il Rubicone, entrare negli immensi capannoni della fiera di Rimini e vedere cose che gli ispireranno un’alea in Romagna molto iacta. Perché lui non se ne vorrebbe più andare.
Il primo Campionato italiano di Danza Sportiva e Sport Musicali non è un mondo, è un vero e proprio universo in cui sembra un miracolo il biglietto economico che consente di girare fra danza del ventre e cha cha cha, mazurka e lago dei cigni, attraversando galassie di arte distanti pochi metri l’una dall’altra.
Le categorie sono infinite, il senso è lo stesso: ragazzine tutte fuxia che corrono ad abbracciare ragazzine tutte gialle con le quali è bello scambiarsi segreti. Ballerini vestiti da Ozpetek, per interpretare veri uomini, quelli che guardano vere donne con un senso di protezione che durerà almeno due minuti.
Altri in costumi ispirati a ottocentesche odissee nello spazio. Danzatrici orientali di Brisighella, grate a piadine e cappelletti che hanno arrotondato i loro fianchi rendendoli follemente sensuali.
E poi ballerine classiche con occhi costretti a nascondere la disperazione per una scivolata su un punto viscido, una spruzzata di bimbetti con costumi buffissimi, ma piglio molto serio, di quelli che preludono a un futuro importante, accanto a maestri frementi e giudici severi, con espressioni impenetrabili.
È ben chiaro che questi sport nulla hanno a che fare con il calcio, molto più facile da commentare, perché un gol è un gol, mentre un’incertezza, una sincronia malriuscita, sono difficili da cogliere se si è profani.
Fa poi uno strano effetto assistere a premiazioni, anche alle undici di sera. Frettolose, nessuna cerimonia, sorrisoni e pacche leggere a chi viene proclamato terzo, secondo, o addirittura, campione nazionale di una disciplina molto difficile, e viene sorretto unicamente dal tifo di amici, parenti e, meraviglia, avversari.
In un mondo in cui si spettacolarizza anche e soprattutto il nulla spunta un fantastico intreccio di musiche, volteggi, amicizie, amori, sensazioni, emozioni, lacrimucce, speranze, sorrisi, respiri, sospiri, in cui le anime dei visitatori si fondono con quelle dei ballerini. E sembra incredibile che tutto questo non sia stato acchiappato da qualcuno che lo enfatizzi rendendolo costoso, modaiolo, popolare, insomma, qualcosa di involgarito, senz’anima.
Dunque, evviva l’ufficio-stampa che elenca solo nomi e cognomi, e fa apparire grigia burocrazia una delle emozioni più forti che si possano immaginare.
Chi scrive l’ha provata, e ne è geloso.
Aggiornato il 22 luglio 2024 alle ore 11:11