Camillo Ruini, il cardinale ancora ricoverato. Ad multos annos Eminenza!

È ancora ricoverato in terapia intensiva al Policlinico Gemelli il cardinale Camillo Ruini, 93 anni compiuti a febbraio, colpito da infarto sabato scorso e portato d’urgenza presso il nosocomio che Giovanni Paolo II soleva chiamare “il Vaticano tre”. Le condizioni del porporato, che avevano destato subito grande apprensione specie in ragione dell’età avanzata, appaiono discrete. L’ultimo bollettino medico conferma che il cardinale è vigile, parla tranquillamente e riceve anche la comunione. Per chi conosce la storia del Vaticano e dei rapporti tra Stato e Chiesa negli ultimi trent’anni, Ruini è una figura che sovrasta tutte le altre. Per capacità di dialogo, per i suoi rapporti personali con i protagonisti della seconda Repubblica (fu amico strettissimo e sincero di Silvio Berlusconi ma anche di Romano Prodi, che unì lui stesso in matrimonio con l’adorata moglie Flavia, scomparsa recentemente), per come ha saputo dirigere per oltre un quindicennio la Conferenza episcopale italiana, mai così influente come sotto la sua presidenza. Un sacerdote unico nel suo genere in tempi recenti, certamente uno dei porporati più influenti del pontificato di Giovanni Paolo II e, in parte, anche di Benedetto XVI.

Insieme alla presidenza della Cei, negli stessi anni, dal 1991 al 2008 (ma lasciò la presidenza della Conferenza episcopale un anno prima, nel 2007), è stato anche Vicario di Roma e Arciprete della Basilica lateranense, un insieme di cariche che ha gestito con fermezza, audacia e con un certo piglio risoluto che lo facevano apparire all’opinione pubblica e alla politica italiana come un vero e proprio vice-Papa. Quasi contemporaneamente, nel 1991, ci fu l’avvicendamento alla Segreteria di Stato tra il cardinale Agostino Casaroli e Angelo Sodano, un piemontese duro ed inflessibile che assieme a Ruini e al Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger, andò a formare quel triumvirato rosso al vertice della Chiesa cattolica che, specialmente con il lento declino fisico di Giovanni Paolo II, assunse sempre più autorevolezza. Sodano però, pur essendo il “primo ministro” del Pontefice, non ha mai goduto della piena e talvolta incondizionata fiducia della politica italiana, specie nell’area di centrodestra. Il suo carattere era molto più freddo e distaccato – e talvolta poco accomodante – rispetto al collega di porpora Camillo Ruini. Forse l’essere emiliano (Ruini nasce a Sassuolo nel 1931) gli ha sempre conferito quella bonomia rassicurante apprezzata dai nostri vertici politici facendolo via via diventare un interlocutore privilegiato.

La politica italiana si è spesso rivolta a Ruini per dirimere problemi che rischiavano di inasprire i rapporti con il Vaticano, come quando Romano Prodi cercò in lui una sponda nel dibattito sul riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e di quelle omosessuali (Pacs). Ruini, nonostante l’amicizia strettissima con il professore bolognese, fu inflessibile. La sua contrarietà più totale fu uno dei motivi per i quali la legge fu affossata e ritirata: i cattolici del centrosinistra, soprattutto quelli dell’allora Margherita, preferirono ascoltare il monito del Presidente della Cei piuttosto che andare allo scontro con la Santa Sede. Un altro episodio significativo per comprendere la sua autorevolezza ed il suo peso sulla politica italiana dell’ultimo trentennio lo ha raccontato lui stesso poche settimane fa, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera che ha fatto molto clamore. Lo scorso 16 giugno Ruini ha infatti raccontato a Francesco Verderami che nel 1994 fu invitato ad un pranzo privato al Quirinale, insieme al Segretario di Stato Angelo Sodano e al sostituito monsignor Jean-Louis Tauran, dall’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. Il motivo dell’invito fu esposto già all’antipasto: Scalfaro voleva il loro appoggio, e quindi del Vaticano, per far cadere il primo governo Berlusconi. In quell’intervista Ruini ricorda: “Effettivamente andò così, ma la nostra decisione di opporci a quella che appariva una manovra – al di là della buona fede di Scalfaro – fu unanime. E pensare che Scalfaro era stato per me un grande amico”. Si dice che proprio a seguito di quel pranzo, di cui Silvio Berlusconi venne quasi subito a conoscenza, tra lui e il cardinale Ruini iniziò a cementarsi un’amicizia vera e sincera, non priva certo di critiche nei confronti di alcune scelte politiche del leader azzurro, ma improntata sempre al dialogo e alla stima reciproca. Sempre nella stessa intervista con Verderami, Ruini ricorda che “Berlusconi mi ha sempre assicurato di voler intensificare i rapporti con la Chiesa e di voler instaurare un dialogo costruttivo sui temi etici e sociali”.

E proprio sotto un governo Berlusconi (il terzo) la Chiesa andò allo scontro a testa bassa su temi etici di vitale importanza per la Santa Sede: i referendum abrogativi della legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita e quello sulle cellule staminali, entrambi presentati dai Radicali di Marco Pannella. In quell’occasione il cardinale Camillo Ruini fece sentire la sua voce invitando i cattolici a non partecipare al voto per evitare che i quesiti raggiungessero il quorum. Berlusconi, da Presidente del Consiglio in carica e imbarazzato di dover gestire una situazione così delicata nei rapporti con la Chiesa, non prese posizioni ufficiali in merito ma lasciò libertà di coscienza agli elettori di Forza Italia così come fece il leader di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, con i suoi. I referendum vennero affossati da un’affluenza al voto molto al di sotto delle aspettative della sinistra e dei radicali: potenza della Cei ai tempi di Ruini. Una Cei che oggi, per un incomprensibile disegno dell’attuale Pontefice, è ridotta alla più totale insignificanza sia nella sua struttura di vertice (a parte il presidente Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, tutti gli altri rappresentanti delle maggiori diocesi italiane sono stati privati della porpora da Bergoglio: da Milano a Torino, da Venezia a Palermo, da Genova a Napoli e pure Roma è senza un Vicario da ormai oltre due mesi, cioè da quando il Papa ha rimosso il cardinale Angelo De Donatis ad inizio aprile), sia nella sua influenza nel dibattito pubblico e politico.

L’era Ruini è finita da un pezzo, ma il cardinale ha sempre conservato la sua autorevolezza e non ha mai nascosto, pur nella sua genuina diplomazia, il suo pensiero. Non fu favorevole alla rinuncia al pontificato da parte di Benedetto XVI e lo disse apertamente, è in disaccordo quasi su tutto con Bergoglio e lo fa tranquillamente filtrare. D’altronde Camillo Ruini se lo può permettere, è ancora l’eminenza delle eminenze, anzi, è “Sua Eminenza” per antonomasia. Ad multos annos!

Aggiornato il 09 luglio 2024 alle ore 15:03