Il Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, presso cui è incardinato il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, è diretto da un capo Dipartimento, e ha competenze sia esclusive in materia di prevenzione, soccorso pubblico e contrasto agli incendi, sia concorrenti con l’omonimo Dipartimento della presidenza del Consiglio dei ministri in materia di difesa e protezione civile. In un’intervista all’Opinione, il prefetto Renato Franceschelli parla dell’organizzazione dei compiti, delle competenze e del ruolo svolto in materia di prevenzione.
Prefetto Franceschelli, in materia di prevenzione e spegnimento degli incendi boschivi intervengono in fase di programmazione altri Enti centrali e locali, come il Dipartimento della Protezione civile (che ha competenza nella rimodulazione del dispiegamento dei mezzi aerei della flotta statale), e le Regioni, tenute a formulare e aggiornare piani triennali regionali/provinciali ad hoc. Qual è il ruolo del Dipartimento nel suddetto sistema integrato?
Il Dipartimento dei Vigili del fuoco svolge funzioni di supporto al coordinamento regionale e alle sale operative dei comandi locali, modulando il suo intervenendo in modo da coinvolgere altre Autorità (rispetto a quelle citate), in funzione dei livelli di complessità logistico-funzionale e di ampiezza territoriale al cui interno si svolgono le operazioni. Così come accade quando si riuniscono tutti i soggetti coinvolti in un tavolo comune, a ridosso della stagione estiva, in cui aumentano notevolmente i rischi degli incendi boschivi, soprattutto di carattere doloso. Molto spesso le cause degli incendi vanno ricercate nella mancata pulizia territorio e nella scarsità di personale specializzato, da adibire alle attività di sorveglianza in loco, affidate spesso per la parte più facile a gruppi di volontari per la tutela dei siti ambientali, faunistici e venatori. E non bastano, nel contenimento degli incendi, le ordinanze sindacali delle autorità locali per far rispettare i limiti imposti agli agricoltori nell’eliminazione delle stoppie.
In qualche modo, dal punto di vista della prevenzione, si risente la nuova riorganizzazione del Corpo forestale, oggi inquadrato come specialità nell’Arma dei carabinieri. Il grande vantaggio di questo inquadramento è la capillarità della loro presenza sul territorio, grazie alle all’incirca 3mila stazioni provinciali dell’Arma, cui però corrisponde una minore vocazione verso la stessa specializzazione forestale. Le attività di spegnimento sono oggi rafforzate dall’entrata in servizio dei nuovi elicotteri in dotazione ai Vigili del fuoco, che trasportano volumi di acqua rilevanti per loro rilascio molto più puntuale sui focolai, rispetto alle azioni analoghe dei Canadair che operano a maggiori altezze e disperdono il proprio carico in un raggio più ampio.
Laddove necessario, il Dipartimento interviene come autorità aeronautica per il supporto alle operazioni di spegnimento sia in Italia che all’estero (vedi i recenti interventi in Spagna e Grecia). In quest’ultimo caso, si interviene su autorizzazione della struttura di Bruxelles, che coordina l’intervento rapido dei suoi Canadair acquistati per gli Stati membri (l’Italia ne ha ricevuti due), raccordandosi con i sistemi nazionali di protezione civile. Inoltre, a seguito dei disastrosi terremoti verificatisi di recente nel febbraio 2023 in Turchia, è stato possibile inviare ad Ankara un contingente specializzato di Vigili del fuoco italiani (in questo caso, sotto l’egida Onu) per le attività di recupero dei superstiti negli edifici crollati, di rimozione delle macerie e di assistenza nei soccorsi allo Stato turco. A livello internazionale, l’organizzazione del Dipartimento e i diversi aspetti della formazione dei vigili sono oggetto di grande interesse da parte di Paesi terzi (vedi Arabia Saudita e Paesi del Nord Africa), in cui le relative attività antincendio sono in genere inserite nella voce “difesa civile”.
Sempre in riferimento agli incendi boschivi, responsabili nel tempo di un gravissimo depauperamento e della perdita di vaste aree verdi del territorio nazionale, quanto occorre ancora investire nel potenziamento della sorveglianza digitale satellitare? Il Dipartimento dei Vigili del fuoco ha pieno accesso a questo tipo di dati?
Direi che non sussista alcun problema per quanto riguarda l’accesso ai dati, dato che sono proprio le Prefetture a coordinare i soccorsi con le sale regionali della Protezione civile, ai fini dell’attivazione delle mappe satellitari all’interno dei Centri di coordinamento dei soccorsi. Ovviamente, ci sono tempi tecnici da rispettare per l’attivazione del soccorso, come è accaduto nel recente caso dei ragazzi romeni travolti dalla piena del torrente Natisone, visto che l’elicottero del soccorso dei Vigili del fuoco è dovuto partire dalla base di Venezia. Com’è noto, le richieste di soccorso vengono instradate collettivamente al numero unificato del “112”, e spetta poi alla centrale smistarle alla tipologia di operatori più adatta per l’intervento.
Il secondo tema fondamentale riguarda il dissesto del territorio e, in particolare, i sempre più frequenti disastri alluvionali, provocati dalla mancata regimazione e controllo di fiumi e torrenti. Anche qui, in che modo il Dipartimento fa sistema con le varie articolazioni organizzative centrali e ministeriali, e quali sono i bug (punti deboli) nel coordinamento relativo degli interventi? E qual è il quadro attuale delle dotazioni strumentali e degli organici del Dipartimento? In seno al Pnrr, ci sono previsioni e progetti a fini del potenziamento logistico e strumentale delle stazioni e dei centri operativi anche dei Vigili del fuoco? Come potenziare i sistemi Gps di allerta satellitare e di intervento rapido dei mezzi aerei?
Per la difesa del territorio stiamo parlando di un sistema amministrativo piuttosto complesso, entrando in gioco attori importanti, come il Genio civile e le Autorità di bacino regionali e locali, che sono spesso Enti ibridi pubblico/privato. La pianificazione dei lavori risente dei tempi lunghi del progetto finanziario e dell’avvio delle relative gare di appalto, spesso frammentate su più soggetti territorialmente competenti. Oggi, ad esempio, il fenomeno delle così dette “bombe d’acqua” non è più un evento episodico o eccezionale, in quando risente degli effetti del cambio climatico in atto. Sempre più occorre una stretta sinergia tra Stato e Enti territoriali. Non vedo grandi problemi organizzativi per le operazioni congiunte di salvataggio e allontanamento delle popolazioni colpite dalle alluvioni, in quanto il sistema dei soccorsi, che coinvolge una pluralità di attori perfettamente allenati, appare mediamente ben rodato e funzionante. La difficoltà può venire dalla vastità del territorio coinvolto. Anche qui, ci sono eccellenze a livello regionale di protezione civile, come accade in Veneto e Liguria, in cui il buon coordinamento dei soccorsi si abbina alla circolarità delle informazioni disponibili in tempo reale, coniugate ad altri casi di maggiore vischiosità e disfunzionalità degli interventi. Tuttavia, sotto il piano della prevenzione e dell’attuazione degli interventi per prevenire il rischio frane, come la corretta manutenzione delle strade e degli argini dei corsi d’acqua, la competenza relativa rimane di carattere esclusivamente locale, e non esistono poteri di surroga dello Stato per gli Enti inadempienti. A livello centrale, quindi, il compito rimane quello di tenere ben allertato il sistema e di disporre di personale adeguatamente addestrato per coprire le diverse tipologie emergenziali.
Per quanto riguarda le dotazioni, l’attuale pianta organica prevede ben 40mila unità. Quindi, quando ci si riferisce a una carenza di organici che cosa si intende? Per il lavoro e le attività quotidiane (che corrispondono a migliaia di interventi giornalieri sul territorio) non ci sono problemi. Invece, un vero gap lo si registra a proposito di turn-over, per i tempi necessari di sostituzione degli operativi che vanno in pensione. Facciamo un esempio: se oggi avessi necessità di 350 unità, dopo aver valutato il quadro delle carenze organiche che si verranno a maturare entro l’anno attuale di gestione, e tenuto conto dei vincoli di bilancio, per cui solo a consuntivo il Ministero dell’Economia autorizza il rimpiazzo degli uscenti, dovrei attendere almeno due anni prima di vederle entrare in servizio, a causa dei tempi tecnici non aggirabili di svolgimento del concorso e del periodo di formazione dei vincitori/idonei. Questa situazione vale in generale per tutta la Pubblica amministrazione e per le altre Forze di polizia.
Ora, tenuto conto che un’autobotte non può uscire per prestare soccorso con meno di 5 persone a bordo, ciò che può fare a livello centrale il Dipartimento è di garantire una scopertura organica “omogenea”, dato che, come accennato, esiste una sfasatura di tempi da quando si registrano le carenze effettive delle stazioni fino alla loro copertura definitiva, e occorre tenere conto, come sempre, che esistono sedi più ambite e altre meno. Riguardo all’ultima parte della domanda, grande attenzione viene posta da parte del Dipartimento al rinnovo del notevole e sofisticato parco mezzi, che necessita di una pianificazione a medio/lungo termine. Le risorse del Pnrr sono state utilizzate in prevalenza per l’acquisto entro il 2026 di all’incirca 3.800 nuovi automezzi, i più piccoli interamente elettrificati, o che utilizzano carburanti verdi, come biometano e biodiesel. Invece, dal punto di vista della pianificazione e realizzazione di nuove stazioni dei Vigili del fuoco, la competenza spetta al Demanio e ai Provveditorati alle opere pubbliche, che finanziano le opere su fondi ministeriali. Mentre, invece, si può attingere al Pnrr per quanto riguarda l’installazione presso le stazioni delle colonnine di ricarica dei mezzi elettrici, da impiegare su distanze “corte”, per ovvi motivi di autonomia.
Si ha l’impressione che, a partire dagli anni Ottanta, l’amputazione della Protezione civile dalle competenze dirette del Ministero dell’Interno abbia, in qualche modo, separato le “braccia e le gambe” (Vigili del fuoco e Forze dell’ordine) dalla “testa” e, soprattutto, dalla parte più pregnante che riguarda i poteri di ordinanza. Qual è la sua visione in merito?
Nel mio caso specifico, essendo io nato “amministrativamente” nel nuovo sistema, mi è impossibile fare paragoni con la situazione pre-anni Ottanta. Posso solo dire che, da allora, il Dipartimento dei Vigili del fuoco rappresenta il braccio operativo più efficace e tecnicamente preparato, e quindi insostituibile, di tutto il sistema di protezione e difesa civile, oggi di competenza di altri attori centrali, regionali e locali. È vero che, dal punto di vista ministeriale, non ci sono più i poteri di ordinanza di Protezione civile, fermo restando il ruolo vicariale del Capo Dipartimento nella Sala situazione Italia, in cui vengono coordinate centralmente tutte le grandi operazioni di soccorso civile alle popolazioni colpite da calamità naturali. Certamente, il nuovo sistema mette in competizione tra di loro le Regioni, che in alcuni casi tendono a divenire “onnifacenti”, in materia di protezione civile, anche se a questo eccesso di aspirazione fanno da insuperabile baluardo le competenze dello Stato e, soprattutto, la prerogativa del Dipartimento che svolge funzioni di stato maggiore per le pianificazioni generali.
In merito, occorre considerare il prezioso ruolo di coordinamento svolto dai Prefetti, per assistere i territori in materia di Protezione civile. Infatti, non è detto che gli attori locali abbiano strutture e attrezzature adeguate ai fini del soccorso, per cui è necessario ricorrere molto spesso alla funzione di supporto del Corpo dei Vigili del fuoco a tutti i livelli. Per quanto riguarda, poi, i piani di sicurezza sulle attività di pubblico spettacolo (di particolare rilievo nelle zone di “movida”) con più di 5mila presenze, i relativi piani di safety/secutity sono sottoposti all’approvazione delle Commissioni provinciali di pubblico spettacolo, in cui la componente tecnica dei Vigili del fuoco svolge un ruolo significativo.
Aggiornato il 19 giugno 2024 alle ore 11:15