No all’educazione sentimentale di massa

Maura Gancitano è emersa dal nulla dei social in un lampo, con una casa editrice nuova di pacca, con un paio di libri ben costruiti sotto il profilo di target e contenuti, in particolare Tu non sei Dio (edito da Tlon), che se la prendeva illuministicamente coi guru religiosi, trascinatori di folle ebeti e in cerca perenne del “Dio sconosciuto” di cui nel Nuovo Testamento. Poi è stata assunta nell’élite dei commentatori dei giornali di domani su Tgnews24 ed è ascesa tra i collaboratori de La Repubblica, finendo quasi per diventare essa stessa una guru del mainstream trascinapopoli. Oggi esce su Repubblica con titoli che mi trasmettono un senso di panico, come questo: “Caso Visconti, l’educazione sentimentale a scuola”. L’articolo si genera in seguito a un fatto di cronaca, un elenco fatto da alcuni ragazzi del liceo romano, e apposto su una parete di classe. “Una stronzata”, dirà qualcuno, e sarà un’affermazione esatta. “Una ragazzata”, dirà qualcun altro, e avrà parimente ragione. Perché alcuni maschi adolescenti (come anche le femmine) devono comunque sparare qualche cavolata legata al sesso, magari solo per esorcizzarlo, oppure per pura vanteria. È sempre stato così, solo che oggi sono più ingenui e più social. Quindi se ti metti con una ragazza (e viceversa) lo devi pubblicizzare. Nel secolo scorso, parlavi solo con gli amici delle conquiste con le ragazze (e viceversa, immagino, non essendo mai stato una studentessa). Ora quelle stronzate vengono apposte alle pareti di una scuola al posto di un pensiero di Platone, oppure scritte sopra i cessi di una toilette pubblica. Altre cretinate, politiche-geopolitiche-filosofico-geologiche vengono esposte in forma democratica e politicamente corretta la mattina su qualche canale tivù o in radio.

La Santa Inquisizione interviene su ogni argomento, insieme violenta e dolcissima. Sugli adolescenti maschi, quelli che, dopo essere stati isolati coi videogame e lo smartphone a undici anni, si uniscono nelle baby gang o si isolano nella stanzetta; su quelli che si fingono eroi del porno, che giocano male le loro carte sessuali con la violenza. Certo: servono misure che, però, non possono limitarsi alla reclusione ma al recupero sociale. Quanto agli studenti del Visconti, sarebbe il caso di non fare di ogni caduta dalla bicicletta una Guerra mondiale. Lasciando un poco di libertà di sbagliare e di cadere dalla bicicletta, si correggeranno da soli, non faranno più le impennate in moto sulla piazza del Popolo. Davvero la “filosofa” Gancitano crede che la lavata di capo di un docente dai “buoni sentimenti” possa risolvere tutto, come un miracolo di Sant’Erasmo pone fine a una tempesta? Qui non parliamo di baby gang. Chiamare l’Onu per risolvere il problema del Visconti non è una buona soluzione. Meglio far loro vedere Perfect Days di Wim Wenders. Una volta sola: sarebbe più utile, e sarebbe meno costoso.

Meglio una formazione in cui l’unico obbligo sia diventare più saggi. Meglio non inserire nelle scuole un battaglione di psicologhe sociali ma forme di rispetto, come quelle del Giappone, dove i ragazzi provvedono anche a pulire le proprie classi, a inchinarsi per rispetto, a confutare e discutere quando serve. Tutte qualità, ripeto, che non si devono imporre con l’insegnamento o coi test, ma diventare un’abitudine, una gentilezza auto-innestata nel Dna e non imposta coi gulag della cancel culture. Non tutto può diventare preda di una iper-democrazia “progressista”, che negli esiti diventi tirannica come l’antica Sparta, dove i figli venivano strappati dai genitori e consegnati a uno Stato che li conformava a un destino di obbedienza, stupidità e morte.

Oggi sembra crescere – molto più del Pil – l’equivalente di un catechismo continuo e di massa. Lo stillicidio del politicamente corretto sta infettando università, Parlamenti, giornali, spacciandosi per il migliore dei mondi possibili, mentre invece rischia di affidare le nostre società a talebani tramutati nel Mahatma Gandhi in forma amorevole ma non per questo meno feroci. Arriva una società di massa che prende il posto della famigghia siciliana e della Chiesa romana medievale, che diventavano un binocolo puntato verso ogni camera da letto. Questo processo “educativo” è supportato dalla produzione di film e libri tanto pessimi qualitativamente quanto disneyani politicamente (col risultato che il cinema e l’editoria sono in crisi). Ecco: educare oggi significa evitare di procedere con imposizioni dirette e seguire consigli e pensieri eticamente formativi in forma indiretta.

Il bene si insegna con metafore attraverso la passione per il sapere: è un processo di autoconoscenza che si serve di una lunga serie di incontri, di “affinità elettive” e necessita di avere una famiglia non assente dal processo educativo. Leggere a scuola i classici del romanzo europeo, da Gustave Flaubert a Johann Wolfgang von Goethe e Lev Tolstoj, fino all’Ernesto Sabato di Sopra eroi e tombe e alle Confessioni d’un italiano di Ippolito Nievo. Quello serve. Anni fa avevo scritto un racconto, intitolato Divorzio elettronico, nel quale avevo inserito la frase icastica: “Senza amore elettrico non c’è nulla nella vita”. Ovviamente, pensavo e penso l’esatto contrario. Non credo che nel suo articolo Gancitano voglia percorrere strade così complicate, passando dalle maestrine dalla penna rossa di Edmondo De Amicis a un’educazione sentimentale di massa codificata da leggi e normative. Spero di no, ma il titolo Caso Visconti, l’educazione sentimentale a scuola sconcerta comunque.

Aggiornato il 06 giugno 2024 alle ore 13:41