La fotografia ha una capacità di comunicazione immediata, spesso superiore a quella della parola scritta. Tutti i fatti più importanti della storia degli ultimi secoli sono stati documentati fotograficamente, anche quelli improvvisi e imprevedibili. Ricorrerà il 4 giugno il 35esimo anniversario del massacro dei ragazzi e delle ragazze di piazza Tienanmen che a Pechino lottavano per più libertà e pluralismo. L’immagine del giovane in camicia bianca davanti alla fila dei carrarmati cinesi è entrata nella storia come quella di Robert Capa o di Henri Cartier-Bresson. Dall’assassinio del sindaco di New York nel 1910, William Gaynor, alla tragedia del dirigibile Hindenburg nel 1937, dall’uccisione del leader giapponese Inejirō Asanuma nel 1960 a quella del presidente JK Kennedy nel 1963.
La storia del giornalismo fotografico trova la sua consacrazione con la rivista americana Life. C’è anche un particolare italiano poco conosciuto: il fotografo Alessandro Pavia durante la spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi ritrasse in posa centinaia di garibaldini in camicia rossa. All’istantanea come momento storico si aggiunge quella di denuncia. Nella maggior parte dei casi il fotografo è sul luogo degli eventi, conosce in anticipo cosa dovrà riprendere.
Intorno agli anni Sessanta, si sviluppa a Roma il fenomeno dei “paparazzi” immortalati dal regista Federico Fellini nel film La dolce vita. Il termine, inizialmente dispregiativo, diventa invece un punto essenziale della cronaca nera, politica o mondana. La professione acquista dignità e ottiene il riconoscimento di giornalisti.
Tra Doney Café, Paris Bar, Harry’s Bar nei 500 metri che vanno da piazza Barberini a Porta Pinciana stazionavano i fotografi (Tazio Secchiaroli, Giacomo Alexis, Carlo Riccardi ed altri), in quello che divenne il salotto della “Dolce vita” per “rubare” uno scatto alle tante dive e ai tanti attori che si sedevano a prendere un aperitivo e a cenare con ostriche e champagne. Fu Federico Fellini a chiamare per primo “King of paparazzi” Rino Barillari, il capogruppo di una schiera i cui scatti divennero storici, da quelli di Liz Taylor e Marlon Brando a Sophia Loren e Marcello Mastroianni, da Ava Gardner al grande chirurgo Christiaan Barnard, dal bacio di Ringo Starr a Barbara Bach, dalle esplosioni gioiose di Gina Lollobrigida a Nancy Brilli, da Claudia Cardinale, Madonna e Lady Gaga ma anche Robert De Niro e Michael Jackson.
Nel 2019 venne riservata al fotografo del Messaggero una mostra speciale a Castel Romano con i suoi scatti più significativi. Il mondo della comunicazione si inchinava alla sua macchina fotografica convertita in digitale. Settanta anni dopo, stessa strada e sempre sulla breccia: per King Barillari è sempre pronto a scattare il personaggio di turno. Ma non si sarebbe aspettato mai che un attore 75enne come Gérard Depardieu – che si trovava insieme alla compagna e ad altre quattro persone a un tavolo dell’Harry’s Bar – lo colpisse con tre pugni al viso, scaraventandolo a terra. Portato in ospedale è stato rilasciato con una prognosi di dieci giorni.
In più di 50 anni di carriera, il calabrese Barillari, definito anche fotografo d’assalto, ha subito una coltellata, 11 costole rotte e si è curato al pronto soccorso oltre 160 volte, oltre alla rottura di un orecchio da parte di Peter O’Toole, che pagò un salato risarcimento.
“Incidenti del mestiere” li definisce, sorridendo ma felice di essere ancora protagonista, con i suoi quasi 80 anni (li compirà nel febbraio del 2025), di tanti episodi di cronaca. Il suo motto è stato sempre “la guerra è guerra”, essendo stato coinvolto in casi di terrorismo e rapimenti.
Aggiornato il 24 maggio 2024 alle ore 11:16