La par condicio in Rai dimentica “Tribuna politica”

Chi è il responsabile del mancato duello televisivo, faccia a faccia in Rai, delle due donne leader della politica italiana in vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno? La risposta ufficiale è stata l’Agenzia garante per le comunicazioni. Cioè l’Agcom. In realtà non è così. Il primo a non accettare che il confronto televisivo avvenisse tra la premier Giorgia Meloni (leader di Fratelli d’Italia) e la segretaria del Partito democratico Elly Schlein a Porta a Porta da Bruno Vespa è stato Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 stelle. L’Agcom avrebbe accettato che i confronti si fossero tenuti solo se avesse accettato la maggioranza dei dieci esponenti in competizione: avevano detto sì oltre alle due donne anche Matteo Salvini della Lega e Matteo Renzi di Italia viva. Mancavano Antonio Tajani di Forza Italia, Emma Bonino di Stati uniti d’Europa, Carlo Calenda di Azione, Michele Santoro di Pace terra dignità, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni dell’Alleanza verdi sinistra. Saranno 76 su 720 gli europarlamentari che l’Italia eleggerà per Strasburgo e per ottenere un seggio i partiti dovranno superare la soglia di sbarramento del 4 per cento. In una fase politica di accentuata contrapposizione e con tutti i nuovi strumenti di comunicazione (trasmissioni su una miriade di canali Rai, Mediaset, La7, Discovery) l’invito a due teste in Rai è stato pensato male.

C’è poi una circostanza dirimente: il sistema di voto proporzionale per il Parlamento europeo avrebbe consigliato, dicono alcuni leader dei partiti, di ascoltare contemporaneamente tutte le forze politiche in competizione. Si sarebbe potuto fare? Difficile un dibattito a dieci, noiosa e improduttiva una “spennellata” di frasi da 3-5 minuti ciascuna. Sarebbe stato corretto e democratico far schierare solo due soggetti sul blocco di partenza, varando una specie di polarizzazione in un sistema elettorale proporzionale puro dove ogni forza corre per sé? A quindici giorni dalla competizione c’è una soluzione? E gli italiani hanno bisogno di questi confronti per farsi un’idea di come votare? Gli esordi della telepolitica risalgono al 28 aprile 1955 quando venne trasmessa in diretta l’elezione del presidente della Repubblica e l’anno dopo la seduta del Consiglio d’Europa.

La grande novità, che ancora tutti ricordano, fu Tribuna elettorale condotta da Gianni Granzotto, seguita nel 1961 da Tribuna politica che sperimentò con Jader Jacobelli, Giorgio Vecchietti, Ugo Zatterin nuove forme di comunicazione con conferenze stampa, appelli dei leader, convegno dei cinque per assicurare visibilità a tutte le formazioni politiche. Per la prima volta veniva allestito in Rai, azienda del servizio pubblico, uno spazio di propaganda politica. Spesso però le logiche televisive s’imposero sugli eventi e protagonisti come Palmiro Togliatti (famosa la sua battuta: “Ma lei si chiama veramente Mangione? Ma di politica ne mastica poco”), Enrico Berlinguer, Arturo Michelini, Giorgio Almirante, Ugo La Malfa, Amintore Fanfani, Bettino Craxi, Giovanni Malagodi, i sindacalisti Agostino Novella, Bruno Storti, Luciano Lama, Bruno Trentin, Fausto Bertinotti, Italo Viglianesi, Giovanni Roberti determinarono il successo della trasmissione. Al primo ciclo di Tribuna politica intervennero 72 politici e 102 giornalisti. Gli anni passano e nell’aprile 2024 il presidente dell’autorità di garanzia sulle comunicazioni Giacomo Lasorella ha avvertito la necessità di salire al Quirinale per assicurare al presidente della Repubblica Sergio Mattarella che “la Rai e le tivù private avranno le stesse regole sulla par condicio in vista delle elezioni europee”. Il passo indietro era dietro l’angolo, un mese dopo.

Aggiornato il 20 maggio 2024 alle ore 16:55