Ci sono cittadini (tre su quattro) che rinunciano a curarsi nel Servizio sanitario nazionale (Ssn). Due su tre, invece, si augura che sussista ancora una sanità pubblica in toto. Questi alcuni degli spunti emersi dal sondaggio dell’Ipsos per la Giornata mondiale della Salute.
Osservando i dati, come riportato in una nota della Fimmg (Federazione italiana medici di famiglia) il 74 per cento del campione “ha dovuto rinunciare almeno una volta ad una prestazione del Ssn”. Il motivo? I tempi di attesa (situazione accaduta con più frequenza al 65 per cento dei cittadini). Inoltre, il 57 per cento delle persone ascoltate spiega di aver rinunciato alla prestazione perché non erogata nella propria zona. Un dato, questo, che affiora nelle regioni del centro-nord e del centro sud, “ma si tratta di un fenomeno diffuso in tutto il Paese”.
Secondo Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg, l’offerta specialistica “risente in tutto il Paese di una insufficiente disponibilità di risorse economiche ed organizzative per garantire i livelli essenziali di assistenza”. A ciò va aggiunta, spiega, “la difficoltà per molti cittadini di raggiungere il luogo in cui la prestazione viene offerta, spesso troppo lontana dai luoghi di vita delle persone”. Nonostante tutto, confessa Scotti, la medicina generale “si riconferma ancora una volta l’unico vero baluardo del Servizio sanitario nazionale strutturalmente adeguato a fornire ai cittadini un’assistenza di prossimità, gratuita e accessibile a tutte le fasce socio-economiche, trasversalmente in tutto il Paese”.
Inoltre, il segretario nazionale della Fimmg osserva: “L’accesso alle prestazioni indifferibili dal proprio medico non prevede liste di attesa, mentre le visite programmate vengono effettuate entro pochi giorni. Per questi motivi – sottolinea – i cittadini non rinunciano alle prestazioni del proprio medico di famiglia, a differenza di quello che accade in altri ambiti. La difesa del servizio sanitario pubblico passa attraverso la difesa della medicina generale – termina – che è ancora oggi espressione compiuta dei principi che ne hanno ispirato l’istituzione”.
Tornando alla rilevazione statistica, “l’80 per cento dei cittadini che hanno rinunciato a curarsi nel Servizio sanitario nazionale ha avuto comunque la possibilità di rivolgersi a un servizio privato per ottenere la prestazione, mentre il 16 per cento ha del tutto rinunciato alle cure, una percentuale che tende a raddoppiare tra le fasce della popolazione più in difficoltà economiche e socialmente più marginali”.
Nonostante queste criticità, “il 64 per cento del campione – si legge nel comunicato – sostiene che la sanità debba essere esclusivamente pubblica “ad ogni costo” (metà dell’intera popolazione accetterebbe anche un aumento delle tasse se finalizzate a sostenere il Ssn) mentre il 26 per cento accetterebbe un sistema misto pubblico-privato”.
Andrea Scavo, direttore dell’Osservatorio ItaliaInsight di Ipsos, riferisce: “Il valore della sanità pubblica è riconosciuto e difeso dagli italiani, nonostante il rammarico per tempi di attesa e scarsa capillarità dei servizi sul territorio. Su questo tema le nostre indagini registrano costantemente una grande sensibilità degli italiani, che considerano la sanità una delle priorità nazionali e, aspetto più unico che raro, si dichiarano disponibili anche a sostenere un aumento delle tasse pur di migliorarne i servizi”.
Aggiornato il 30 aprile 2024 alle ore 13:54