Un ragazzo con faccia rassicurante, uno di quelli che piacciono ai genitori, si offre online di aiutare chi osasse viaggiare in Giappone senza il supporto di un tour operator. La lista delle indicazioni e dei consigli è lunga, perché in Oriente le regole sono molto diverse e non essere preparati significa rovinarsi il viaggio. Dunque, il web-lettore è sollevato, un amico è pronto ad assisterlo. Leggi e infine scopri che la telefonata amichevole costa centonovanta euro, con cui potrai tempestarlo di domande per un’ora esatta, non un secondo di più. La cifra non è modesta in assoluto, e diventa fastidiosa se consideriamo la formula amichevole. Quanti accetteranno i servigi del pay-friend?
I viaggi cambiano, proliferano le offerte a basso costo con trappoloni, tutti vanno ovunque. Se va bene racconteranno avventure degne di Marco Polo, se poi pagheranno tremila euro uno spritz ne saranno felicissimi, perché scriveranno la disavventura con foto sui social: pioggia di like e promozione immediata da digital creator a influencer. Perché digital creator è un anglicismo che sta per disoccupato che scrive su Instagram, più altolocato di Facebook. Quanto a influencer non è necessariamente una guida spirituale e modaiola per laikisti, è chiunque racconti qualcosa di estremo, raramente in positivo, più spesso prova della propria tronfiaggine autolesionistica, che non di rado gli costerà l’azzeramento del conto bancario o molto peggio. Questo spiega in parte il qualunquismo intriso di impegno asociale che sdogana tutto e il suo contrario: viaggiano low cost con problemucci e sorpresine prevedibili, spendono quaranta a notte con bagno in comune, poi si fiondano in locali in cui dal colore dei cocktail si intuisce quanti stipendi costano. Infine, intasano l’etere digitale con preziosi insegnamenti, creando paradossi in cui migliaia di poveracci si svenano per consacrare il finto prestigio di locali qualunque, i cui proprietari diventano paperoni agitando sciccosamente spiriti magici.
Non sanno, gli aspiranti influenzatori, che i locali realmente esclusivi non sono né a Mykonos né a Santorini. E i pochissimi che frequentano i veri, rari olimpi, non ne scrivono certamente sui social, men che meno postano foto. Al massimo, raccontano a bassa voce, in cene fra amici, di quel locale di Saint Barth in cui si ordina solo Cristal, gli altri champagne non esistono. E poi si offre: una sola bottiglia è da comuni mortali.
Dunque, un carrello di cristallo pieno del Cristal più irraggiungibile. Il conto è una volgarità, non si deve sapere. Così la proprietaria, bontà sua, riceverà la carta di credito d’oro (massiccio, probabilmente) e si occuperà del pagamento senza disturbarne il titolare. Il quale fa parte di quella minoranza silenziosa che non necessita di pubblicità per dimostrare di vivere a colori.
Aggiornato il 09 aprile 2024 alle ore 09:17