Due temporali nembosi sormontano i cieli della terra: un temporale del passato e uno del futuro. Il temporale del passato si chiama Imperialismo, il temporale del futuro si chiama Automatismo ed anche Laboratorizzazione dell’uomo e della natura. L’Imperialismo consiste nel ritenere che un solo Paese o un minuscolo gruppo di Paesi riescono a dominare il mondo. L’altro suppone che l’uomo è un’entità sostituibile. Anche la natura deve essere sostituita ed entrambi sottoposti alle operazioni mutative dei laboratori, l’uomo sostituito dal robot intelligente e da operazioni genetiche: la natura da atti genetici.
Cosa accadrebbe all’uomo antico, diciamo, è facile comprenderlo. Sarebbe superfluo, in ogni caso alterabile. Una recente ricerca ha rivelato l’immenso valore dell’arte per la vita dell’uomo. In termini più banali, come l’uomo tradizionale per così dire ha trovato, ha inventato, il modo per appassionarsi alla vita. Questo modo ha nell’arte il suo fondamento. Lo affermo da tempo, direi da sempre. Ma che siano proprio la scienza e la ricerca scientifica, l’indagine, la sperimentazione a provarlo… questo inchino della scienza rispetto all’arte fa piacere, piacere sommo.
Un’indagine eseguita da Art Fund, importante centro di ricerca inglese, prova con mezzi modernissimi la raffigurazione nel cervello dove, appunto, l’opera d’arte ha effetti totalmente vitalistici. Potenzia la gioia di vivere o se vogliamo la vita: gli effetti positivi a favore della vita. Non ho dubbi: senza espressione non c’è vita. L’arte è l’espressione per eccellenza, vale a dire trasmette emozioni, sentimenti e passioni, mediante forme espressive. La parola, il suono, il disegno, le sculture, la voce e quant’altro.
È interessantissimo che la scienza lo riconosca, perché in epoca di valorizzazione radicale della Scienza e della Tecnica la scienza stessa riconosce che l’arte salva la vita, salva il sensibile. La vita, il sentire emozioni attraverso la capacità espressiva. Ed è la verità. L’arte è suprema, perché come dico e ridico, contiene il razionale e il sensibile mediante l’espressione. Privato di tale connessione l’uomo diverrebbe del tutto geometrico, il che non è umano. Disgraziatamente, l’uomo ci sta volgendo appunto all’uomo geometrico. Addirittura, al controllo della mente. Del resto, è sufficiente un minimo apporto e si può controllare l’individuo, fargli compiere quel che vogliamo, totalmente eterodiretto. O fargli comprendere una lingua che non conosce, discipline che ignora. Sicuramente, parleremo con gli animali: faremo un uomo chimerico, che partorisce. Un uomo senza cervello, totalmente assoggettato a comandi esterni. Lo stesso per quanto riguarda la natura: niente più verrà naturalmente, vi sarà una transgenesi totale.
Che voglio dire? Semplice. Dobbiamo difendere qualcosa di umano. L’arte possa costituire, anzi, costituisce il residuo umano da non sopprimere per restare uomini. Non si tratta di restare fedeli al passato, si tratta di restare uomini. Non stiamo vivendo una normale evoluzione storica dell’uomo. Niente affatto: non il passaggio dall’aristocratico al borghese, si tratta di mettere in forse l’uomo. È stupefacente che non ce ne rendiamo conto. Ma siamo in una fase di scelta che l’uomo fa contro l’uomo. Non contro questo sistema per un altro sistema, un’altra economia. No, proprio contro l’uomo. E non sostituendolo con un uomo ma con un non uomo.
In questo caso, nel nostro caso, è l’uomo che muore, ogni tipo di uomo. La genetica e l’automazione possono suscitare qualcosa che uomo non è, imprimendo all’intera natura una svolta decisiva a strapiombo, che da una parte ha potenzialità immense: potenzia l’uomo antico, potenzialità immense nel devastare l’uomo. Può sembrare minimale quel che aggiungo, eppure se manteniamo l’arte manteniamo l’uomo. Curiosamente, ma significativamente, la scienza – mi riferisco alla ricerca menzionata – lo afferma. L’uomo vive e sente la vita, fondamentalmente mediante l’arte. Del dolorosissimo momento che viviamo, di lotte e morte, resterà niente. Il futuro realizzato sarà quello del non uomo.
Ci prendessimo sul serio, lotteremmo tutti per evitare lo sfacelo. Invece, forse, qualcuno otterrà qualche pezzo di terra in più o in meno. Ma l’uomo perderà tutto. Sia chiaro: ogni lotta è giustificata, se è giustificabile. Ma lottare per l’umanità dell’uomo non è la lotta fondamentale dell’uomo?
Aggiornato il 18 gennaio 2024 alle ore 14:27