Dunque, come ampiamente riportato dalla stampa nazionale, anche per Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba, sembra che ci sia un giudice a Berlino. Un giudice, in realtà un sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, il quale, da tempo, si sta battendo per riaprire il controverso procedimento, essendo convinto dell’innocenza della coppia lombarda. Tant’è che la Corte d’appello di Brescia, in qualità di giudice della revisione, ha accolto e riunito le due istanze, quella per l’appunto di Tarfusser e quella presentata dai legali di Olindo e Rosa, comunicando ai diretti interessati la data della prima udienza del processo di revisione, fissata per il prossimo primo marzo. “È una grande soddisfazione personale”, ha dichiarato Tarfusser. “Sono professionalmente molto felice, evidentemente non ho sbagliato completamente. Più leggo gli atti – ha tenuto a sottolineare – e più ci credo. Vengo ripagato da tutta una serie di angherie e ostacoli subiti negli ultimi tempi”. Contro di lui, si era mossa anche la Procura generale della Cassazione promuovendo un’azione disciplinare oltre alla procuratrice di Milano, Francesca Nanni che lo aveva accusato di avere scavalcato il regolamento interno.
Anche l’avvocato Fabio Schembri, che in tutti questi anni di passione è andato molto oltre il semplice impegno professionale, battendosi come un leone per la causa dei suoi assistiti, ha espresso grande soddisfazione per la notizia, dichiarando di sentirsi pronto per arrivare all’obiettivo di una sentenza di assoluzione. D’altro canto, come abbiamo più volte sottolineato su queste pagine, a un’attenta lettura degli elementi che hanno condotto alla condanna di Olindo e Rosa, poco o nulla sembra tornare nel teorema accusatorio che li ha visti soccombere in tre gradi di giudizio. Enormi incongruenze, molto ben documentate in una serie di servizi realizzati per Le Iene dall’ottimo Antonino Monteleone, le quali avrebbero potuto sin da subito ribaltare il giudizio di colpevolezza, a cominciare dall’assenza di tracce del crimine nell’abitazione dei Romano e di quest’ultimi nel luogo della strage, e per finire con l’inverosimile metamorfosi nei ricordi del cosiddetto supertestimone, lo scomparso Mario Frigerio, il quale, dopo aver ricordato nei primi giorni un giovane robusto dalla pelle olivastra, più alto di lui di almeno 10 centimetri e forte come un toro, cambiò versione puntando il dito contro Olindo Romano, soggetto più basso e dalla carnagione chiara. Enormi incongruenze che sono state meritoriamente raccolte da Edoardo Montolli e Felice Manti nel libro Il grande abbaglio. Un testo che suggella un impegno giornalistico molto intenso in favore di chi, a mio avviso, è vittima di uno dei più colossali errori giudiziari degli ultimi decenni. Pertanto, non ci resta che aspettare e sperare nel trionfo della ragionevolezza e del buon senso.
Aggiornato il 10 gennaio 2024 alle ore 10:15