Recentemente, l’Ispra (Istituto superiore per la protezione dell’ambiente) e Utilitalia hanno presentato il Rapporto rifiuti urbani 2023, all’interno del quale sono contenute anche le informazioni sulle tecnologie di recupero energetico da rifiuti. Rispetto ai dati quantitativi 2022, il Rapporto Ispra evidenzia come la produzione nazionale dei rifiuti urbani sia poco più di 29,1 milioni di tonnellate e non sia allineata con l’andamento dei principali indicatori socioeconomici: a fronte della crescita del Pil (pari al 3,7 per cento) e delle spese delle famiglie, i rifiuti urbani diminuiscono in tutte le macroaree geografiche. Altro dato significativo è l’aumento della raccolta differenziata nazionale, attestatasi al 65 per cento della produzione totale. In particolare, le percentuali più alte si registrano in Veneto, in Sardegna, in Trentino-Alto Adige e in Emilia-Romagna, rispettivamente con il 76,2 per cento, il 75,9 per cento, il 74,7 per cento e il 74 per cento. Supera per la prima volta la soglia del 50 per cento la Sicilia (51,5 per cento), facendo registrare un aumento di 3,9 punti rispetto alla percentuale del 2021 (47,5 per cento).
Per quanto riguarda le tecnologie di gestione, il recupero di materia rappresenta più del 50 per cento del totale dei rifiuti prodotti e raccolti in maniera differenziata: circa il 23 per cento è destinato agli impianti che recuperano la frazione organica (non tutte le regioni dispongono ancora di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti) e quasi il 29 per cento agli impianti di recupero delle altre frazioni merceologiche. Il 18 per cento viene smaltito in discarica e la stessa percentuale è avviata negli impianti di termovalorizzazione. Da evidenziare, però, come il rapporto tra la percentuale di raccolta differenziata e i tassi di riciclaggio sia ancora distante. Ciò sta a significare che la raccolta debba garantire la produzione di flussi di alta qualità ed essere, in ogni caso, accompagnata dalla disponibilità di un adeguato parco tecnologico (e innovativo), in grado di chiudere correttamente il ciclo dei rifiuti. Dalle nostre parti, la gestione dei rifiuti è ancora deficitaria.
Il Lazio è la penultima regione, in Italia, per raccolta differenziata, raggiungendo solamente il 54 per cento della stessa, con una produzione totale di rifiuti urbani pari a due milioni 861mila tonnellate. Sul risultato regionale pesa inevitabilmente la non incoraggiante performance di Roma, che rispetto allo scorso anno non è cresciuta nemmeno dell’uno per cento: nel 2022 (primo anno pieno di Amministrazione Gualtieri), la differenziata della Città Eterna si è fermata al 45,9 per cento (45 per cento nel 2021), con una produzione complessiva di rifiuti di 1.592.358 tonnellate (di cui circa 862mila tonnellate di rifiuti indifferenziati) e un costo del servizio pari a 270,4 euro/abitante. Senza dimenticare che l’attuale dotazione tecnologica della sua municipalizzata (Ama) copre circa il 13 per cento del totale dei rifiuti prodotti (il 15 per cento dell’indifferenziato, il 10 per cento del multimateriale da selezionare e il 9 per cento dell’organico), comportando continuamente la circolazione dei rifiuti in altre province laziali, in altre regioni e in Europa, con danni inimmaginabili all’ambiente circostante, alla salute pubblica e alle tasche dei cittadini.
Appare inevitabile il fatto che Roma dovrà investire maggiormente nella logistica e negli impianti di trattamento dei rifiuti, compresi i biodigestori e il “contestato” termovalorizzatore. Questi ultimi sono fondamentali per il recupero energetico dai rifiuti organici e da quelli indifferenziati (non riciclabili) e complementari alle tecnologie che effettuano le operazioni di recupero di materia. Diversamente, non potremmo parlare di economia circolare, ma di un modello che ci fa ritornare al passato: più discariche e montagne di rifiuti in giro per il territorio italiano ed europeo.
(*) Presidente Ripensiamo Roma
Aggiornato il 03 gennaio 2024 alle ore 13:08