Tagli in redazione a “Repubblica”: valanga di prepensionamenti

È tornato l’incubo della cassa integrazione, dei prepensionamenti e della riduzione degli organici nei giornali e settimanali italiani. Nonostante l’aggravarsi della crisi economica degli ultimi tre anni è possibile che i conti in rossi derivino in prevalenza dai costi dei dipendenti? Secondo gli ultimi dati dell’Istituto per le analisi delle politiche pubbliche – mentre in tutta l’Europa gli stipendi salgono – in Italia sono fermi da trent’anni. I salari reali sono cresciuti soltanto dell’1 per cento a fronte del 32,5 per cento registrato nei paesi dell’area Ocse. I lavoratori in servizio sono sempre più anziani e quindi per i giornalisti ci sono retribuzioni più alte dovute agli scatti di anzianità essendo il contratto fermo da anni. Lo sguardo è allora proiettato verso il futuro. Come potrà sopravvivere il giornalismo e quindi la libertà di stampa se, a fine 2022, i professionisti attivi non superavano le 12mila unità? Dopo la crisi determinata dalla pandemia da Covid le dinamiche del mercato del lavoro stanno dimostrando che il livello generale di occupazione è salito al 62 per cento anche se resta bassa la produttività. Ci sono nella realtà italiana problemi strutturali di lunga data.

Con pochi giornalisti professionisti negli 80-90 quotidiani e decine di settimanali è in pericolo la qualità dell’informazione, in una fase storica in cui imperversano le fake news, i social e altri strumenti tecnologici. Il fenomeno dei tagli in redazione va avanti dal 2010 e ora continua. Da allora il numero degli esodi ha superato oltre mille unità. Le responsabilità sono degli editori e dei vari governi che hanno consentito la firma di accordi a spese delle finanze pubbliche. Un modo legale per liberarsi dei giornalisti più esperti e con retribuzioni più elevate. Politiche analoghe sono state adottate con i poligrafici. Bilanci in rosso senza analisi delle cause che li stanno producendo. In arrivo altri 46 prepensionamenti a Repubblica. Il Comitato di redazione è stato convocato dalla proprietà del Gruppo Gedi presieduto da John Elkann – nipote dell’avvocato Gianni Agnelli – per comunicare che Repubblica chiuderà il bilancio con 15 milioni di rosso. E quindi chiede di effettuare altri 46 prepensionamenti per i giornalisti che hanno un’età minima di 62 anni.

Il piano-capestro non ha alternative, se non tagli agli stipendi e al contratto integrativo. Resta in piedi al giornale diretto da Maurizio Molinari la questione pubblicità, con la promessa della distinzione e separazione trasparente tra contenuti giornalistici e quelli pubblicitari. L’altro fatto preoccupante riguarda la decisione del presidente della Federazione degli editori (Fieg) Andrea Riffeser Monti, che ha comunicato l’intenzione di tagliare i costi di oltre 100 articoli due dei giornali di sua proprietà: Il Resto del Carlino, Il Giorno, La Nazione, il Quotidiano.net con una specie di cassa integrazione a rotazione. Secondo i sindacati questo piano viola il contratto che la Fieg ha firmato circa dieci anni fa. E inizia con i tagli in redazione il nuovo corso editoriale della Gazzetta di Mantova. Richiesti 35 prepensionamenti entro il 2024 tra i giornalisti e altri 18 tra i poligrafici dalla società che fa capo a Enrico Marchi che ha comperato 7 testate venete dell’ex Gedi. Terza proprietà, infine, in meno di due anni all’Espresso passato in proprietà da Danilo Jervolino, patron della Salernitana calcio ed ex titolare dell’Università Pegaso al petroliere Donato Ammaturo, confermando alla guida l’attuale direttore Alessandro Mauro Rossi. Tagli infine a Metro, il primo giornale gratuito nel 2000 in Italia, dell’editore Salvatore Puzzo.

Aggiornato il 19 dicembre 2023 alle ore 11:25