De gustibus non disputandum est, sui gusti non si può discutere. Così la pensavano i latini. Certo è, però, che noi italiani su alcune cose, verrebbe da dire, siamo intolleranti. Una di queste è il cibo e, nel caso specifico, la pizza. Più precisamente, i nostri concittadini, nei vari viaggi all’estero, si ritrovano loro malgrado a storcere la bocca davanti al noto piatto di casa nostra condito nei modi più vari: banana e ananas, per esempio. Ma anche carne di canguro, zebra, grilli, serpenti. E non manca nemmeno una variante “stupefacente”, quella alla cannabis.
Questo è il “conto” portato a galla dall’analisi Coldiretti/Ipsos in occasione della Pizzeria degli orrori al Villaggio della Coldiretti, a Napoli, nell’anniversario dell’inserimento – dell’arte della pizza – nella lista Unesco del patrimonio dell’umanità, avvenuto il 7 dicembre 2017. Nel dossier, la pizza assaggiata all’estero porta sul piatto più di una reazione: il 14 per cento si dice molto deluso, il 22 per cento abbastanza scontento, il 26 per cento sostiene di non essersi fidato a mangiarla. Di contro, il 6 per cento è entusiasta, il 20 per cento ammette che gli è abbastanza piaciuta.
Ma cosa delude? In primis l’impasto (52 per cento). Poi il sapore (48 per cento), gli ingredienti utilizzati (36 per cento) e la loro combinazione (34 per cento). Male la cottura (30 per cento), il costo eccessivo (25 per cento), la preparazione (24 per cento). E per un 23 per cento la pizza è indigesta. Secondo Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, “garantire l’autenticità della ricetta e dell’arte della preparazione significa anche difendere un piatto parte integrante della nostra tradizione minacciata dalla diffusione di falsi prodotti Made in Italy che hanno raggiunto i 120 miliardi di euro, praticamente il doppio delle nostre esportazioni, sottraendo posti di lavoro e crescita all’Italia”.
Aggiornato il 07 dicembre 2023 alle ore 16:29