L’anarchia mediatica, provocata dal sempre più massiccio uso dei media digitali, contribuisce a confondere il pubblico e a volte anche i professionisti. Risulta allora difficile distinguere tra informazione accurata e propaganda, pressione politica, pubblicità e manipolazione. Lo scrive il Censis, l’istituto di ricerca che nel suo 57esimo rapporto – presentato la settimana scorsa al Cnel – chiama gli italiani “sonnambuli”. Non fa eccezione l’informazione, settore al quale si rivolge agli italiani e come appare loro inerte, davanti ai cattivi presagi. La crisi dell’editoria e della comunicazione è evidente da tempo, ma la sua portata e le sue ragioni si esplicitano davanti alle grandi sfide degli atti comunicativi. Dal rapporto Censis emerge che le famiglie italiane spendono sempre meno per informarsi, come dimostra il continuo e costante calo delle copie dei quotidiani e dei settimanali politici ed economici. I cittadini dello Stivale, in realtà, spendono sempre più in telefonini, dispositivi attraverso i quali si informano in maniera prioritaria, attingendo a Internet per trovare notizie ma anche strade, ristoranti, alberghi, località turistiche, spettacoli. Nello stesso tempo gli italiani ritengono poco affidabile l’informazione che proviene dai social, mentre il giudizio negativo su quella tivù e radio deriva dalla considerazione che si parla troppo, determinando un’informazione confusa, propagandistica, ansiogena, spettacolarizzata.
Il pericolo è che gran parte dell’informazione e della comunicazione venga considerata “falsa”, inducendo il 60 per cento degli italiani a considerare favorevolmente alcune misure di “censura” che abbiano lo scopo di tutelare i soggetti deboli che non hanno competenze specifiche in materia e quanti potrebbero essere “abbindolati” da fake news. Un altro elemento osservato dal Censis è la mancata corrispondenza tra offerta e domanda d’informazione. I lettori e i tele-ascoltatori stanno prendendo le distanze dall’abbuffata informativa sulla politica (anche se ancora prevalente sullo scenario italiano) da quella medico-scientifica dopo la pandemia, e da quella culturale. Sta aumentando, invece, l’interesse per le notizie relative alla cucina, ai viaggi, agli stili di vita, ai pettegolezzi, in sostanza alle notizie frivole. Reggono nella lettura dei quotidiani gli avvenimenti di politica internazionale a partire dai problemi del clima, alla guerra in Ucraina, dal conflitto tra Israele e Hamas, ai cambiamenti elettorali in molti Stati e alla recrudescenza del terrorismo. I risultati del calcio (qualificazione Azzurra), i successi del tennis con l’astro Jannik Sinner e i trionfi di Federica Brignone nello sci dopo Sofia Goggia fanno salire le tirature dei giornali sportivi.
Nell’ultimo anno la spesa dei libri si è attestato intorno al 13 per cento mentre quella per i giornali ha toccato appena il +0,3 per cento. Il vero boom è stato rappresentato dagli acquisti degli smartphone: nell’arco di tempo che va dal 2007 al 2022 è stato moltiplicato più di 8 volte il valore degli acquisti, che hanno raggiunto nell’ultimo anno 8,6 miliardi di euro e l’utilizzo di WhatsApp. Nello scenario che il Censis chiama “le diete mediatiche degli italiani” si registra una contrazione del numero dei telespettatori della tivù tradizionale e una lieve crescita della tivù satellitare, con un forte rialzo della tivù via Internet. Complessivamente i radio telespettatori sono quasi l’80 per cento degli italiani. Tra i giovani il 94 per cento utilizza WhatsApp, l’83 per cento YouTube, il 55 per cento TikTok. La crisi economica ha convinto un terzo della popolazione di starsene di più a casa, come dimostra la flessione dei consumi culturali fuori casa (cinema, teatro, concerti, eventi sportivi).
Aggiornato il 05 dicembre 2023 alle ore 11:28