Ci sono espressioni nella vita quotidiana che indicano subito, e chiaramente, cosa vogliamo comunicare. La tradizione popolare ci ha tramandato un proverbio usato spesso nel linguaggio comune: “Troppa grazia Sant’Antonio!”. Gli organizzatori del nuovo sindacato all’interno dell’azienda radiotelevisiva del servizio pubblico non si aspettavano un tale risultato. Hanno subito ottenuto più di quanto desideravano. La riunione che ha tenuto a battesimo l’organizzazione UniRai è andata al di là delle aspettative. C’erano all’Auditorium Due Pini i vertici del Consiglio di amministrazione, direttori in quantità industriale, politici (con Maurizio Gasparri e Maria Elena Boschi in testa, che univano il diavolo e l’acqua santa, personaggi del mondo dell’informazione). Una scossa alla palude di Saxa Rubra e delle altre sedi Rai (le 21 strutture regionali, quasi 15 canali generalisti e tematici) dal punto di vista dell’organizzazione sindacale per intaccare il monopolio unico dell’Usigrai che va avanti almeno dal 1984.
La nuova realtà dovrà superare un primo ostacolo, quello contro il quale si infransero le speranze di un altro tentativo di pluralismo all’interno del gruppo di Viale Mazzini: il finanziamento. Aperta a tutti, con la volontà di intercettare il malcontento All’epoca della nascita del Movimento dei “Cento”, che aveva anche il supporto dell’associazione Stampa romana del leader Arturo Diaconale, i vertici del sindacato interno e della Federazione della stampa guidati da Giuseppe Giulietti, Vittorio Roidi, Roberto Natale, Gabriele Cescutti, Gianni Rossi fecero pressione sul direttore generale e su quello del personale, per impedire che la trattenuta degli iscritti ai “Cento” venisse pagata al nuovo movimento, come avveniva per l’Usigrai. Senza finanziamenti, si riducevano le possibilità di fare proseliti. I tempi, inoltre, non erano maturi per una svolta a causa del prevalente indirizzo di sinistra di tutti gli organismi di rappresentanza dei giornalisti italiani.
Ora cosa è cambiato? Alla Fnsi non ci sono più i big storici, le organizzazioni sindacali legate alle Confederazioni hanno perso autorevolezza, anche a seguito del mancato consenso dei lavoratori alle spallate della Cgil di Maurizio Landini, come si è visto nelle scorse settimane con gli scioperi dei trasporti. In Rai si avverte sempre di più la necessità di tutela di “un patrimonio culturale” all’insegna del pluralismo e della libertà di opinioni. Il nome dato alla nuova realtà sindacale esprime il percorso che si vuole raggiungere: UniRai intende caratterizzarsi come un’associazione aperta ai giornalisti di tutti gli orientamenti, libera da pregiudizi ideologici e lontana dalla propaganda politica. Indubbiamente, lo zoccolo di partenza viene dall’area vicina al Governo in carica. Ma tra le 300 firme che hanno sottoscritto l’adesione vi sono esponenti di altre matrici culturali. Gli obiettivi sono stati indicati da Francesco Palese, redattore di Rainews, da Elisabetta Abbate del Tg1 e da Incoronata Boccia, vicedirettore del telegiornale, ex componente dell’Usigrai. Secondo Palese, l’associazione “nasce per intercettare il diffuso malcontento emerso nelle varie strutture giornalistiche e per rompere un monopolio di idee, il pensiero unico”.
Ad ascoltare i nuovi sindacalisti c’era quasi tutto il Cda, compreso il neoeletto dai dipendenti Davide Di Pietro in sostituzione del defunto Riccardo Laganà. E ad animare il dibattito sul futuro Rai, presentato da Francesco Giorgino che ha letto il saluto del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, c’erano anche Bruno Vespa, il commissario Agcom Massimiliano Capitanio e i rappresentanti di tutti i partiti della commissione di Vigilanza parlamentare.
Aggiornato il 02 dicembre 2023 alle ore 10:48