Canone, ascolti, contratto di servizio, sindacato interno. Sono quattro questioni che la Rai si trova a dover affrontare nel giro di poco tempo, anzi entro la fine dell’anno. La situazione del gruppo pubblico di viale Mazzini resta delicata in vista della trasformazione in azienda digitale. C’è bisogno di certezze, soprattutto sul piano degli investimenti, dovendo pianificare la ristrutturazione. I soldi dovranno arrivare dalle decisioni di Governo e Parlamento, i quali sono però orientati a effettuare una riduzione del canone previsto dalla legge di Bilancio. Il 16 novembre, nell’ultima riunione del Consiglio di amministrazione, è stato affrontato il problema del contratto di servizio con lo Stato ma la partita si giocherà sul tavolo del Ministero dell’Economia, in definitiva su quello guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti.
Un momento di riflessione sul futuro dell’azienda pubblica arriverà dall’analisi degli ascolti di fine anno e dalla qualità dei programmi trasmessi. Molti esperti di comunicazione e informazione vorrebbero tenere distinte le due facce della Rai: l’aspetto di servizio pubblico e le trasmissioni di tipo commerciale come il Festival di Sanremo, Ballando con le stelle e altri. In Francia, Germania e Spagna i canali pubblici sono differenziati da quelli privati. Oltre a questi problemi di fondo sta tornando all’attenzione generale il ruolo dei giornalisti esterni, che conducono le varie trasmissioni Rai che una volta dipendevano dai direttori dei telegiornali o di rete. E che oggi, invece, rivendicano sempre maggiore autonomia, con polemiche e tensioni per le loro scelte.
Un altro aspetto generale è costituito dal ruolo del sindacato interno che firma con l’azienda il contratto integrativo di lavoro e dirime, attraverso la Commissione paritetica, una serie di controversie individuali. In Rai c’è una roccaforte sindacale che si è consolidata negli anni in cui il giornalismo italiano era egemonizzato dal “Movimento dei giornalisti democratici”. I maggiori quotidiani e settimanali dalla metà degli anni Settanta hanno sfornato generazioni di giornalisti della carta stampata e televisiva mentre i quotidiani di riferimento agli ambienti del centrodestra faticavano a promuovere i praticanti. Lo stop a questo tipo di maggioranza arrivò con due congressi. Quello di Acireale quando venne eletto presidente Gilberto Evangelisti, con il supporto di Guido Guidi, Marcello Zeri, Enrico Santamaria, Guido Paglia, Angela Buttiglione, Giorgio Santarini, Marco Volpati, Maurizio Andreoli, Massimo Signoretti, Arturo Diaconale, Giuliana Del Bufalo.
Il secondo congresso Fnsi in cui la corrente di sinistra fu sconfitta fu quello di Pescara, in cui emerse la figura del giovane Walter Tobagi presidente della Associazione dei giornalisti lombardi. Per il sindacato dei giornalisti Rai i vertici sono stati preclusi al gruppo dei “romani” di Paola Angelici, Paolo Cantore, Scipione Rossi, Fabrizio De Jorio e il primo nucleo dei “Cento”. Poi al Congresso di Milano del novembre 2021 la lista “Pluralismo e libertà” sotto la spinta di Paolo Corsini ottenne ben 177 voti e la terza lista di Lazzaro Pappagallo ne prese 28 contro i 218 voti della maggioranza guidata da Daniele Macheda che subentrava come segretario a Vittorio Di Trapani dopo 9 anni con il terzo mandato in proroga. A fine mese si alza il sipario per una nuova stagione sindacale a viale Mazzini. Il progetto trasversale “Unirai” avrebbe già raccolto quasi 300 adesioni sui circa 2mila giornalisti Rai, di cui circa 1500 iscritti all’Usigrai.
Aggiornato il 20 novembre 2023 alle ore 12:18