“Pastificio Futuro”: il laboratorio nel carcere minorile

Un cerchio che si apre dieci anni fa. È il 2013 quando Papa Francesco fa tappa a Roma, in via Giuseppe Barellai. Il Santo Padre sceglie di lavare i piedi, nel Giovedì Santo, ai minori reclusi nel carcere di Casal del Marmo. Ed esclama: “Non lasciatevi rubare la speranza”. Un messaggio non casuale. E che allo stesso tempo viene colto da chi, subito, pensa che si possa fare qualcosa di concreto. Ovvero costruire un pastificio nel complesso detentivo, esattamente nei locali di un edificio da anni in disuso. Il progetto diviene realtà. Come testimoniato dal taglio del nastro per l’inaugurazione del laboratorio alla presenza, tra gli altri, del presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, il segretario della Cei, monsignor Giuseppe Baturi e il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. A realizzare il tutto, la Cooperativa sociale onlus Gustolibero, con il sostegno della Conferenza episcopale italiana e della Caritas. Ma anche con il supporto della direzione dell’Istituto penale minorile, il Centro della giustizia minorile Lazio-Abruzzo-Molise, il Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, le diocesi di Roma e di Porto-Santa Rufina.

Cinquecento metri quadri di superficie, una pressa che può produrre fino a 220 chili all’ora di pasta, quattro essiccatori per il laboratorio artigianale che ha un’entrata autonoma. Pastificio Futuro, come optimum, potrebbe vedere impegnati fino a venti ragazzi, tra interni ed esterni. Al momento gli addetti sono tre: una detenuta (in articolo 21), un 20enne affidato ai servizi sociali, un altro giovane che vive in comunità. Alberto Mochi Onori, responsabile di Gustolibero, racconta a l’Opinione: “I giovani producono pasta secca. La pasta è un elemento essenziale della cucina. Il prodotto è di qualità, viene utilizzato il grano italiano. I ragazzi sono impegnati quattro ore al giorno: il lunedì e il mercoledì dalle 8,30 alle 12,30; il martedì, il giovedì e il venerdì dalle 14,30 alle 18,30. Il confezionamento è manuale: questa è anche una spinta per poter consentire l’ingresso di altre persone da qui a un futuro non troppo lontano. La cosa importante è dare fiducia a questi ragazzi. Fiducia, forse, che stanno toccando con mano per la prima volta toccando. E se non è la prima volta, è una delle prime volte. Dobbiamo cercare, al contempo, di diminuire la recidiva. In questo viaggio – prosegue – siamo accompagnati anche da psicologi. Quando sarà a regime, il laboratorio potrebbe produrre 2 tonnellate di pasta al giorno, quasi 4mila pacchetti da 500 grammi ogni giorno”.

Un sistema in divenire, per la produzione, il confezionamento e vendita di pasta secca di alta qualità. Come detto da don Nicolò Ceccolini, cappellano di Casal del Marmo: “La pasta verrà venduta in alcune catene di supermercati, con cui abbiamo preso contatti, nonché servita in alcuni ristoranti di livello, perché è una pasta di elevata qualità. È una bella opportunità perché devono comunque uscire dal carcere, in quanto il laboratorio è esterno alla zona detentiva, seppure all’interno della cinta muraria”.

Il motore dell’iniziativa verte su un punto: non dare “qualcosa da fare” ai ragazzi (fino ai 25 anni) detenuti, ma creare le basi per un’esperienza professionale totalizzante, un percorso educativo concreto, una prospettiva di riscatto dopo la detenzione. Ma non solo: “Che questo possa diventare un luogo di incontro con i ragazzi delle scuole – termina Mochi Onori – da una parte parlare di come si produce la pasta, dall’altra avviare un confronto su come ci si riappropria della vita”. Il che significa pure riappropriarsi della libertà. Per chiudere quel cerchio avviato dieci anni fa.

Aggiornato il 13 novembre 2023 alle ore 17:30