#Albait. Lo stagno

Settimana densa e ordinaria. L’opposizione che vorrebbe essere di sinistra continua a perdere consensi, anche in aree dove ha sempre avuto consistenza. Ora è la volta di Bolzano. Recupera a Foggia, città dove vivere è diventato difficile e la legalità è un universo parallelo. Non che esista un rapporto tra la sedicente sinistra e la destra che ordina al cielo di obbedire alle proprie fisime, o forse sì. La realtà politica italiana è diventata uno stagno. Non è vera e propria conservazione, è proprio immobilità. A tenerci insieme è la volontà di non farci troppo male, finché non ci si fa troppo male.

La sfiducia generata dallo stagno politico che è immoto, ma spende quantità di soldi incredibili, si sintetizza nella norma che il Governo ha voluto per lottare contro gli errori della Pubblica amministrazione. Ora, se saranno richieste somme non dovute o, peggio, già pagate, la cancellazione del ruolo o del debito sarà più veloce. Il punto, in uno Stato che voglia avere un rapporto decente con i propri cittadini, è che quelle somme non andrebbero proprio richieste. Se fossero richieste somme non dovute, secondo il Codice civile, un privato si assumerebbe una responsabilità. Potrebbe essere denunciato per tentata estorsione, per esempio. Nei confronti della Pubblica amministrazione invece non funziona così. Le somme non dovute richieste da Comuni, Stato, Regioni devono essere provate (nuovamente) dal cittadino. Se paga senza provare di aver già pagato, ha ammesso la colpa e non può ottenere rimborso. Se chiede la cancellazione del ruolo in autotutela (dell’Amministrazione), quella può rifiutarsi. Resta il ricorso in Commissione tributaria, non gratuito. Ipotizziamo che abbiamo venduto un’automobile. Il nuovo proprietario non fa il passaggio di proprietà. Possiamo non saperne nulla, tranquillamente. Il nuovo proprietario riceve una o più multe e non paga. Il vecchio proprietario mostra il passaggio di proprietà. L’amministrazione aggrava le contravvenzioni verso il nuovo proprietario che continua a non pagare. L’amministrazione richiama il vecchio proprietario e quello dovrà pagare le multe dell’altro, più le sanzioni in sovrappiù. Lo stesso accade se vinci una causa in tribunale. Il soccombente non paga le spese? Sarà chi ha avuto ragione a rispondere del giudizio, anche se non ha potuto riscuotere il dovuto. E non parliamo nemmeno di malagiustizia, ma solo di regole amministrative. Torniamo alle cartelle che chiedono somme già pagate o non dovute. Maggiore velocità nella cancellazione. Da parte di chi? Di un’Agenzia delle entrate che riceve solo su appuntamento e che alla fine consulta il cassetto fiscale e risponde: “A noi non risulta alcuno sgravio. Può pagare o fare ricorso”. Chissà come mai non ci si fida troppo della Pubblica amministrazione.

Potremmo espatriare. A patto di attendere almeno sei mesi per poter fare la richiesta del passaporto. Ricordo tempi non lontani nei quali bastavano due settimane, e la domanda si poteva fare anche nelle caserme dei carabinieri o nei commissariati di polizia. Cosa ci è successo? A furia di vivere nello stagno politico, dove destra e sinistra languono serenamente in un’acqua putrida e ferma, nessuno si preoccupa se le cose cominciano a non funzionare. Si tirano dentro lo stagno e amen. Ma a molti il nostro stagno non piace.

Sono i tanti che manifestano a favore della Palestina. Che ci può stare. Un popolo che soffre va aiutato. Difficile però solidarizzare quando una porzione non piccola di quel popolo è rappresentata da una dittatura sanguinaria che ha pensato bene di ammazzare millecinquecento israeliani e stranieri, presi a caso tra gli zero e i novant’anni, per poi rapirne duecento da usare come ostaggi e scudi umani, insieme ad altri due milioni di palestinesi. Le manifestazioni in favore di Hamas fioccano. La soddisfazione per il massacro o pogrom di Hamas è palese. Tornano le argomentazioni spericolate su Israele Paese di apartheid buttata lì, senza capire cosa sia l’apartheid, considerato che nella Knesset, il parlamento israeliano, gli arabi votano e contano. Inutile spiegare che le frizioni create dal governo di Benjamin Netanyahu riguardano la Cisgiordania, mentre l’attacco terroristico è partito da Gaza, che fa storia (terroristica) a sé. Difficile anche spiegarsi perché non è stata spiegata una cosa semplice: se il delitto fosse stato israeliano, la magistratura della stella di David avrebbe aperto un’inchiesta e incriminato una serie di ufficiali e la catena di comando. I palestinesi accusano Israele per la reazione militare ad un attacco terroristico, ma non hanno nemmeno fatto finta di aprire un processo contro i terroristi. Le condanne (morali) sono arrivate dall’Arabia Saudita, per mere questioni tattiche. L’argomentazione principe è: avete fatto diventare Israele martire. Ora pretendete che il mondo arabo faccia una guerra al posto vostro. La verità è che dalla Palestina non arriva proprio alcun segnale di senso di giustizia. Pare uno stagno anche quello. Solo più crudele.

E noi ci rintaniamo a casa, al bayt, in arabo. E ci sentiamo un pizzico soddisfatti, perché le bombe non cadono in casa nostra. Per quanto ancora, con queste premesse, non si sa. Speriamo che duri. E quindi, possiamo dirci soddisfatti perché le cose vanno bene, anche quando vanno malissimo.

Aggiornato il 26 ottobre 2023 alle ore 13:20