Diventare madre: un atto di coraggio

In passato l’essere madre era considerato il solo e unico scopo della donna. Lo stare a casa e occuparsi della crescita dei propri figli era avvertito dalla società come l’essenza vera dell’esistenza femminile. Inutile dire come questo – per fortuna – sia solo un ricordo. La donna nella società moderna ha autonomia di decisione, indipendenza economica, libertà di autodeterminarsi. Nei nostri tempi la donna europea studia, lavora, è ambiziosa, mira a ricoprire incarichi di ruolo al pari del genere maschile. Ma questa stessa donna ha ancora la possibilità di diventare madre senza accantonare i propri sogni? La sensazione che si ha analizzando i dati di natalità del nostro Paese è che si è giunti al paradosso opposto: diventare madre è diventata una scelta di coraggio e, in alcuni casi, un privilegio. Spesso scegliere di avere un figlio significa sacrificare i propri desideri e accettare che la propria crescita lavorativa non troverà alcuno slancio. Nel 2022, infatti, i nati nell’anno sono scesi sotto la soglia delle 400mila unità e nessuna inversione di rotta si è avuta nel 2023. Così come l’età media del parto ha raggiunto i livelli più alti di Europa: circa 32 anni. Ma le cause quali sono? Per la maggior parte degli italiani a causare la denatalità non è solo la crisi economica, ma l’assenza di sostegno sociale, in particolare le difficoltà che si incontrano nell’ottenere permessi, aspettative o congedi dal lavoro e nell’accedere alla rete di servizi per l’infanzia. Ma non solo. Oltre un italiano su due ritiene che avere dei figli rischia concretamente di danneggiare la carriera di una donna.

Dalla ricerca realizzata da Ipos per Save The Children, “Le equilibriste: la maternità in Italia nel 2023”, emerge che nel mercato del lavoro le donne scontano ancora un forte divario rispetto all’uomo: nella fascia d’età 25-54 anni, il tasso di occupazione per le mamme con un figlio minore si ferma al 63 per cento e scende al 56 per cento in presenza di un secondo figlio. La continuità lavorativa, invece, riguarda solo il 44 per cento delle donne, mentre il 18 per cento delle donne impegnate in un lavoro lascia l’impiego dopo la nascita del bambino. Un tema, quello della natalità, talmente importante che lo stesso assume centralità nell’attuale Legge di Bilancio 2024 approvata in Consiglio dei ministri lo scorso 16 ottobre. Il Governo, con i nuovi provvedimenti (decontribuzione, congedo, super-deduzione, fondo asili nido), mira ad arrestare il calo delle nascite e a garantire la stabilità dei posti di lavoro, soprattutto delle mamme under 30. Interventi importanti che mostrano l’interesse del Governo a investire in questo tipo di soluzioni. Provvedimenti che si spera spingano la società e il mondo lavorativo a credere in una nuova cultura dell’impiego e dell’impresa, a considerare realmente una madre come una risorsa essenziale, così da permettere a una donna di diventare madre liberamente senza condizionamenti rispetto ai timori di una quasi certa rinuncia delle proprie aspirazioni.

Aggiornato il 19 ottobre 2023 alle ore 10:58