Nuovi prepensionamenti alla “Stampa” e “Repubblica”

Il contratto nazionale di lavoro del 2013 non poteva tener conto dell’arrivo dell’Intelligenza artificiale e dello sviluppo dei colossi. Questo vuol dire che il lavoro giornalistico ha subito tutta l’erosione inflazionistica che Bruxelles e la Bce stanno cercando di combattere. Meno potere d’acquisto, meno redattori in organico, più precari, meno garanzie. Era il 24 giugno 2014 quando a Roma il presidente della Federazione editori giornali Giulio Anselmi firmò con la Federazione della stampa rappresentata dal presidente Giovanni Rossi e dal segretario generale Franco Siddi il Contratto nazionale di lavoro giornalistico. Al termine del lungo elenco delle norme sui rapporti tra giornalisti ed editori all’articolo 52 si fissava la decorrenza di validità: 1 aprile 2013 fino al 31 marzo 2016. E da allora?

Niente più aggiornamento o rinnovo. Si è verificato uno strano tacito accordo tra Fieg e Fnsi dietro la scusa della crisi dell’editoria prima e della crisi pandemica dopo. Di contratto da rinnovare se n’è parlato poco, forse anche per le prese di posizioni politiche su bilanci in rosso dell’Inpgi che hanno portato l’istituto di previdenza a confluire nel calderone dell’Inps, compreso il ricco patrimonio immobiliare accantonato nel tempo con tanti sacrifici della categoria. Qualche voce isolata si è levata a protestare, ma la maggioranza “bulgara” dei progressisti Giuseppe Giulietti, Franco Poggianti, del barese Raffaele Lorusso, della milanese presidente dell’ex Inpgi Marina Macelloni ha imposto un percorso di cogestione con gli editori dietro il compenso di qualche direttore o redattore amico. La categoria è rimasta isolata e i pochi giovani entrati negli organici con contratti di basso profilo si sono tenuti lontani da quelle che consideravano beghe sindacali.

In realtà, il giornalismo italiano è andato perdendo credibilità e autorevolezza. Uno squillo di tromba è arrivato durante l’assemblea di fine mese dell’Assostampa Puglia da parte della neosegretaria generale della Fnsi Alessandra Costante secondo la quale “il nostro contratto ha bisogno di essere rinnovato. Sette anni di assenza sono troppi per motivi economici e tecnici”. La Costante ha chiesto agli editori di aprire un tavolo di dialogo non solo per recuperare l’inflazione sulle retribuzioni falcidiate dagli aumenti dei prezzi ma per individuare una strategia per il futuro dell’editoria cartacea e digitale. Finora gli editori hanno rifiutato di confrontarsi preferendo ricorrere alla strategia del ricorso ai prepensionamenti.

Nessuno nasconde la gravità della situazione economica del settore, ma crisi o non crisi occorre dare regole all’Intelligenza artificiale che potrebbe far perdere altri posti di lavoro, contrastare il precariato e unire le forze contro le “fake news” e gli atti di pirateria tecnologia. I dati messi sul tappeto dalla segretaria Costante sono allarmanti. I pre-pensionamenti sono stati finanziati con 20 milioni di euro, si è passati da 4 milioni circa di copie vendute al giorno nel 2013 a meno di un milione nel 2023. Fonti bene informate hanno riferito che a Repubblica e alla Stampa starebbe per partire un pacchetto di nuovi prepensionamenti. Le due redazioni sono in allarme e i comitati di redazione dei due giornali hanno proclamato lo stato di agitazione. I cambiamenti riguarderebbero la riduzione delle redazioni del 10-20 per cento.

Aggiornato il 03 ottobre 2023 alle ore 10:01