Pubblicitari, il nuovo ceto riflessivo del Paese

Comunque, al di là delle pesche e del comparto ortofrutticolo in genere, noto come, da qualche anno a questa parte, gli argomenti di discussione principali scaturiscano prevalentemente da promozioni commerciali. Lo abbiamo visto per lo spot dell’Esselunga che ha dato la stura al dibattito sul concetto di famiglia; lo abbiamo visto con il promo della Vodafone che ha innescato un acceso confronto sul tema della parità di genere; lo abbiamo visto con il carosello delle patatine San Carlo e subito polemiche sull’opportunità di accettare o meno la pornografia allusiva sulle reti generaliste; lo abbiamo visto con le campagne comunicative di Taffo, che hanno sdoganato la morte come tema di conversazione nel salotto degli italiani; lo abbiamo visto, infine, con la pubblicità del Parmigiano Reggiano subito tramutata in un’occasione di riflessione sulla questione sociale e lavorativa in Italia. Insomma, un tempo le tematiche più dibattute derivavano da una riflessione o, magari, da una provocazione figlia del ceto intellettuale – ovvero scrittori, filosofi, registi, giornalisti – ora, invece, pare che i pensatori si limitino a commentare suggestioni e vocazioni altrui. O forse, nella nostra epoca attuale, i pubblicitari si sono tramutati, essi stessi, nel nuovo ceto riflessivo del Paese. Se così fosse, il vero e unico antesignano di questa nuova tendenza è stato indubbiamente Gabriele D’Annunzio. Uomo di penna, d’azione e di marketing. Il Vate, infatti, coniò non pochi claim pubblicitari che perdurano tuttora nel nostro immaginario collettivo. Ergo, se siamo un popolo di santi, poeti, navigatori e, nello specifico, di consumatori lo dobbiamo anche a Lui.

Aggiornato il 29 settembre 2023 alle ore 16:01