Addio al consumismo?

Sabato, ore 17, un negozio di frutta e verdura, prossimo a casa mia, a Roma, accorcia i costi delle mercanzie. Un piccolo gregge, leoni, leonesse, elefanti, gazzelle, serpenti alle pozze di acqua? No, sono persone, tutte con borsoni e carrellini che si infittiscono all’ingresso per acquistare, impazienti, affrettate. Appena un negoziante dà il via all’ingresso, un ingorghetto e spintarelle. Niente di grave, osservo dalla finestra. Perché quella consuetudine? Di sicuro, in quanto la domenica intossica la frutta, la verdura, le invecchia, quindi concederla pure a minor prezzo, salva. Ma non basta. Vi è una ragione eminentemente economica: vendere a minor prezzo ma vendere assai, massimamente, spolverare il negozio, denudarlo. Guadagnare meno per ciascun acquisto, ma di sicuro la quantità delle merci sormonta le vendite consuete. Quale delle scelte conviene? Vendere a forte costo poca mercanzia o vendere a minor costo diffusa mercanzia?

Una folla, minima, però con le caratteristiche della folla, una mandria, nazionali, stranieri, donne con il pancione, signore e signori con il cagnolino in braccio timoroso e strabiliato, bambini e bambine, e le sporte che si inceppano e si inciampano, e quelli che prima di acquistare osservano come orologiai o medici bloccando la viabilità, taluni ispezionano persino le carote e sono in dubbio sulla valutazione delle patate, mentre le cipolle ricevono culto e vengono osservate avanti e dietro scientificamente, scartare o assunte, chi sa perché. Vorrei chiedere ai conduttori del negozio se conviene vendere maggiormente a minor costo o meno a costo gonfio. Ma sono dipendenti, ammutoliti, dicono che non sanno che dire. Poi, la fila, qualcuno tenta di avanzare, difficile. Uno dopo l’altro, pazientissimi. La curiosità mi sale e mi assale.

Sapere quella antitesi. Mentre l’insieme dei bottegai, distributori ipertrofici annessi, sono ostinatissimi ad accrescere il costo quasi una voglia il mortificare l’acquirente, impaurirlo, sottometterlo, invece quel così detto punto vendita capovolgeva la fenomenologia e stringeva i prezzi quasi soffocandoli ricevendo la popolarità degli acquisti, il tutto esaurito? Ne raggiungeva utili, profitto? Di certo, lo scorgevo, durante la settimana la gente era assai, e di molto, scarsa. Ma, dunque, perché non contrarre il costo l’intera settimana se il pubblico sarebbe giunto a nugoli? Ragionavo, incertamente Pensavo: un grande venditore, ogni giorno, prezzi minimizzati, la gente avrebbe viaggiato, scalato pur di comprare. Oppure sconti agli affezionati clienti con qualche tesserino di impegno per gli acquisti. I cittadini rasserenati, la serenità che mancava, l’acquisto è diventato una sorpresa, ogni possibile acquisto stupiva, un’offesa, come se afferrassero per i capelli il compratore, ingigantimento di costi, talvolta con la beffa di fingere riduzioni dopo aver cresciuto il doppio , triplo, offrivano un favore scavata la fossa, la gente, un uomo, una donna che faticano viaggiano quotidianamente, coltivano figli, intendono farli studiare perché abbiano più di quanto loro, i genitori, hanno avuto, da sottoproletari diventare piccolo-borghesi, perfino borghesi, una straniera, un esserino, faceva studiare il figlio nella facoltà di architettura, da sbalordire.

Nella nostra società tra una o due, tre generazioni avremo innumerabili situazioni del genere, e quelli, i negozianti, si doleva la madre, la straniera, rovinano la possibilità di sopravvivere! Consideravo, gli stranieri reggeranno, assuefatti alla rinuncia. Noi, se questa mutazione degli equilibri squilibrati continuerà, ne vivremmo di problematica e non sarà l’Africa la nostra àncora. La considerazione si ampliava, espandendosi: ci sarà un confronto di noi con gli stranieri in epoca di ardua sopravvivenza, accadesse questa eventualità?  Dalla finestra o dalla panchina, miei luoghi di osservazione partecipante, una scorreria di neri, africani asiatici sani, magri, con magnifici piccoletti, e donne velate o quasi spoglie di una salute ventosa. Ma certo, hanno scavalcato la selezione, sono state capaci di raggiungere l’Europa! Minima profezia sociale: se la difficoltà di assestamento che oggi esplode e che forse abbiamo sottovalutato e continuammo a sottostimare considerandoci, l’Occidente, i migliore oltre che i più forti. Ignorando che materie prime, costi competitivi, potenza demografica sono armi presentissime e senza scampo per gli avversari, a dirla franca: qualcuno può fantasticare che il pianeta può fare a meno della Russia e della Cina? Allora, cedere?

Allora essere realisti. Nessuno è tenuto all’impossibile! Più terra-terra. La settimana che venne dopo queste considerazioni sui prezzi attenuati, il negozio li sollevò del 50 per cento, poniamo, da un euro ad un euro e cinquanta. Non ho veduto adeguatamente se la gente infittiva al medesimo delle trascorse settimane. Ho chiesto: il costo maggiore persisterà? I dipendenti non sanno o non dicono. Credo che tasteranno la situazione. Il Governo, in specie l’amico Adolfo Urso, propone calmierazione volontaria. Bene. Ottima, anche se gli effetti potrebbero destabilizzare, l’ipotesi di ampliare l’abitabilità di scantinati, magazzini, talvolta vi sono limiti incomprensibili. Sono esperimenti, problematici. Di certo avverranno combinatorie socioeconomiche da rimpiangere il famigerato consumismo. Avvertenza: nel lungo periodo l’aumento delle merci riduce il consumo, lo annichilisce. Se fossi bottegaio venderei a minor prezzo ma di più. Ma non bottegaio anzi compratore non sono “oggettivo”. Ma credi di stare nel giusto. Alla lunga gli aumenti stroncano l’acquisto. A meno che taluni sanno, prevedono quel che avverrà! Io mi limito a sospettarlo. Cosa? Ne diremo.

Aggiornato il 23 settembre 2023 alle ore 16:54