Nel Decreto Giustizia licenziato dal Consiglio dei ministri anche la previsione di destinare una parte della quota statale a interventi per il recupero dalle tossicodipendenze e altre dipendenze patologiche. Dal prossimo anno possibile la destinazione diretta da parte del cittadino. Cambia l’8 per mille, con l’aggiunta del “recupero delle tossicodipendenze e delle altre dipendenze patologiche” tra le finalità a cui si può destinare la quota del proprio Irpef. La novità è stata inserita nel Decreto Giustizia. Si prevede che: la quota parte di spettanza statale del gettito dell’otto per mille dell’Irpef, riferita a scelte non espresse dai contribuenti, oggetto di ripartizione nell’anno 2023, sia utilizzata prioritariamente per finanziare interventi straordinari per il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche, sulla base di domande presentate entro il 31 ottobre 2023 e, per la parte eventualmente rimanente, in proporzione alle scelte espresse. Inoltre, si specifica che le risorse a diretta gestione statale riferite a scelte non espresse dai contribuenti e oggetto di ripartizione negli anni dal 2024 al 2027 possono essere utilizzate anche per interventi volti al recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche. La medesima finalità del recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche entra a far parte a regime, dalla dichiarazione dei redditi per il 2023, delle scelte che possono essere compiute dai contribuenti nel destinare il proprio otto per mille allo Stato.
Concretamente, il cambiamento si vedrebbe il prossimo anno, quando i contribuenti potranno decidere a chi destinare l’8 per mille del proprio versamento Irpef per i redditi relativi al 2023, e i fondi verrebbero distribuiti nel 2026 (nel 2023, ad esempio, si sono distribuiti i soldi arrivati con i redditi del 2019). L’anno prossimo, per la prima volta il “recupero delle tossicodipendenze e delle altre dipendenze patologiche” dovrebbe apparire tra le opzioni disponibili. L’8 mille, proprio come il 5 per mille e il 2 per mille, è una quota del proprio gettito Irpef che ogni anno può essere devoluta a una realtà diversa. Si tratta di una scelta volontaria, che non porta vantaggi né svantaggi fiscali di alcun tipo. Si può decidere di donare una di queste tre quote, o anche tutte e tre, compilando il proprio Modello 730. In particolare, nel 2023 l’elenco delle istituzioni religiose comprendeva: Chiesa cattolica, Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste, Assemblee di Dio in Italia, Chiesa evangelica valdese, Chiesa evangelica luterana, Unione delle comunità ebraiche italiane, Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, Chiesa apostolica, Unione cristiana evangelica battista d’Italia, Unione buddhista italiana, Unione induista italiana, Istituto buddista italiano Soka Gakkai.
I fondi che vanno allo Stato, invece, vanno a “scopi di interesse sociale e umanitario” come spiega l’Agenzia delle Entrate. In particolare, si può anche scegliere una specifica finalità: fame nel mondo, calamità, edilizia scolastica, assistenza ai rifugiati, beni culturali. La norma inserita nel Decreto Giustizia dovrebbe far sì che dall’anno prossimo a queste cinque se ne aggiunga una sesta, cioè il recupero delle tossicodipendenze. L’iniziativa legislativa del governo deve essere accolta positivamente alla luce di una vera e propria emergenza droga che si sta trovando ad affrontare l’Italia, che pare essere stata catapultata nuovamente in una situazione simile a quella degli anni Novanta, con l’eroina che mieteva vittime, a cui si aggiunge l’uso sempre più diffuso di cocaina e droghe sintetiche a cui si sono aggiunte le nuove dipendenze (dipendenze tecnologiche, gioco d’azzardo).
Oggi circolano più stupefacenti, specie tra gli under 25, rispetto a qualche anno fa e lo attestano i dati ufficiali, aggiornati del Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio, nella relazione inviata ai presidenti delle Camere. L’adolescenza e la giovane età adulta costituiscono una fase di vita universalmente riconosciuta come particolarmente delicata, caratterizzata da profondi mutamenti a livello fisico, emotivo e sociale. Durante questo periodo, l’impulsività e la ricerca di nuove esperienze possono indurre i giovani ad adottare comportamenti rischiosi, tra cui l’uso di sostanze psicoattive o l’incorrere in altre situazioni a rischio, sia nel contesto digitale sia in quello reale. In particolare, le sostanze psicoattive, legali e illegali, risultano piuttosto diffuse tra i giovanissimi.
Nel 2022 si è osservato un generale aumento dei consumi che sono tornati a valori in linea o superiori rispetto a quelli pre-pandemici. Tra le sostanze psicotrope legali, la più diffusa è l’alcol, consumato nell’anno da circa un milione e 900mila studenti di 15-19 anni. Per oltre 780mila studenti (33 per cento) si è trattato di un consumo elevato che ha portato all’intossicazione alcolica e, tra i 18-24enni, la quota di quanti si sono ubriacati nell’ultimo anno è circa il 50 per cento. La grande novità sta nel sorpasso di genere: nel 2022 sono state soprattutto le studentesse sia ad utilizzare alcolici (M=77 per cento; F=79 per cento) sia a essersi ubriacate (M=29 per cento; F=35 per cento). In forte aumento anche l’uso di psicofarmaci senza prescrizione medica che nell’ultimo anno ha coinvolto quasi 270mila 15-19enni. Queste sostanze risultano da sempre più diffuse tra le studentesse, per le quali, nel 2022, si registrano i valori di consumo nell’anno più elevati mai osservati fino a oggi (15,1 per cento). Il consumo di sostanze psicoattive illegali ha interessato circa il 30 per cento della popolazione studentesca, il dato è in crescita rispetto al 2021 e ha raggiunto valori superiori a quelli pre-pandemici.
La sostanza maggiormente utilizzata è la cannabis, seguita dalle nuove sostanze psicoattive, inalanti e solventi, cannabinoidi sintetici, stimolanti, allucinogeni, cocaina, anabolizzanti e oppiacei. La cannabis è stata consumata dal 24 per cento degli studenti e da oltre un quarto dei 18-24enni, con percentuali che tendono a diminuire dopo i 25 anni. Aumenta anche la quota di minorenni segnalati per violazione dell’articolo 75 Dpr n.309/1990, in particolare tra le ragazze che, nel 2022, raggiungono il 16 per cento (M = 11 per cento; Totale = 12 per cento). Così come crescono del 15 per cento, rispetto all’anno precedente, le denunce alle Autorità Giudiziarie per reati droga-correlati a carico di minorenni. Nel 2022, quasi il 10 per cento degli accessi al Pronto Soccorso direttamente droga-correlati ha riguardato minorenni e circa il 14 per cento 18-24enni.
Tra i ricoveri con diagnosi principale droga-correlata, il 15 per cento ha riguardato persone con meno di 24 anni, valore che risulta anch’esso in aumento. Si osserva inoltre una generale riduzione dell’età media dei ricoverati, specialmente nel genere femminile. In controtendenza si osserva una diminuzione dei decessi per overdose tra gli under 25. Relazione al Parlamento – Sintesi introduttiva XIX. Gli utenti dei servizi pubblici under 25 costituiscono circa il 6 per cento del totale degli assistiti, percentuale che sale quasi al 20 per cento tra i nuovi utenti. Nei servizi del Privato sociale rappresentano una quota di poco superiore al 9 per cento. In controtendenza si osserva una diminuzione dei decessi per overdose tra gli under 25 e una diminuzione della percentuale di minorenni o giovani adulti in carico ai Servizi sociali minorili per reati droga-correlati che, dal 20 per cento osservato nel 2020, si attesta a circa il 17 per cento nel 2022.
In leggera diminuzione anche i 14-25enni sottoposti a misure penali di comunità o misure alternative alla detenzione per reati droga-correlati, che passano dal 16 per cento (n.87) nel 2021 al 13 per cento (n.76) nell’ultima annualità, a fronte di un aumento del numero complessivo dei giovani sottoposti a questa tipologia di misure alternative. Oltre all’uso di sostanze, negli ultimi anni, si è assistito all’emergere di ulteriori comportamenti a rischio e potenzialmente additivi, spesso legati a Internet e alle nuove tecnologie. Il più diffuso tra questi è il gioco d’azzardo che nel 2022 ha interessato circa la metà degli studenti 15-19enni. In seguito alla pandemia si osserva inoltre un incremento dell’utilizzo di Internet a rischio e della percentuale di vittime e autori di atti di cyberbullismo. Sempre nel mondo delle relazioni digitali emergono nuovi fenomeni come il ghosting o il ritiro sociale volontario. Il primo, nel 2022, ha coinvolto oltre 850mila studenti mentre sono circa 55mila gli studenti che sono rimasti isolati per oltre 6 mesi.
Nello scenario attuale si osserva sempre più frequentemente una concomitanza di questi comportamenti, associati spesso tra loro e al consumo di sostanze psicoattive, legali e illegali, questo configura la necessità di considerare numerose dimensioni di fragilità in questa delicata fase dello sviluppo e l’urgenza di prospettare una presa in carico multidisciplinare capace di accogliere i bisogni dei più giovani. In questo contesto è fondamentale il ruolo delle comunità terapeutiche fanno parte del sistema dei servizi pubblici e privati accreditati che offrono risposte a bisogni diversificati delle persone che hanno una tossicodipendenza. L’Italia è in questo settore un paese che presenta un sistema di welfare strutturato e capillare. In particolare, sono strutture che offrono programmi terapeutico-riabilitativi personalizzati che sono frutto di esperienze di oltre quarant’anni di attività. Si tratta di programmi residenziali che coniugano la forza delle relazioni umane significative di auto-aiuto che si sviluppano in una comunità terapeutica, e gli approcci multidisciplinari delle scienze educative e della psicologia clinica.
Questi aspetti psico-educativi si combinano con i trattamenti medici (anche psichiatrici) e farmacologici per la cura delle dipendenze patologiche. Oggi, pertanto, le comunità terapeutiche, rappresentano un concentrato di questi diversi aspetti del sapere scientifico e dell’umanizzazione delle cure: le comunità terapeutiche hanno origine in ambito psichiatrico come superamento dei manicomi proprio attraverso la combinazione di saperi e di un diverso approccio relazionale ai contesti di cura. Il loro ruolo oggi è utile non solo alla cura delle dipendenze, ma anche in ambito educativo, in particolare nel fornire alle scuole di ogni ordine e grado, programmi di prevenzione dedicati alle diverse fasce d’età. In questo ambito dei programmi dedicati alla prevenzione, le comunità terapeutiche hanno sviluppato saperi ed esperienze che sono frutto di un lavoro di ricerca che va avanti ormai da quarant’anni.
Purtroppo, in generale, la prevenzione è una strategia del sistema delle politiche sociali e sanitarie piuttosto marginale: la pandemia provocata dal Covid-19 è un esempio emblematico, ovvero, si è puntato sugli ospedali, piuttosto che sulla sanità territoriale e di prossimità. I risultati li conosciamo tutti. La prevenzione non è conveniente dal punto di vista economico. Esiste, poi, una certa scienza accademica con la puzza sotto il naso, che non considera la prevenzione come degna di importanza, perché opinabile la rilevazione dei risultati di efficacia. Si tratta di atteggiamenti di pregiudizio non aderenti alla conoscenza delle dinamiche sociali e relazionali degli esseri umani.
(*) Tratto dal Centro studi Rosario Livatino
Aggiornato il 07 settembre 2023 alle ore 15:53