La guerra in Ucraina ci mostra il più odioso dei crimini: l’uccisione dei bambini. Secondo i ricercatori dell’Unetchac (Universities Network for Children in Armed Conflict), “sono 503 i bambini morti in Ucraina provenienti per la maggior parte dalla Regione di Donetsk; 1.117 i feriti, 1.161 i dispersi, 13 quelli che avrebbero subito abusi sessuali dall’inizio del conflitto”. Tuttavia, i dati rischiano di essere sottostimati stante le difficoltà determinate dal persistente conflitto e l’inerzia da parte della Federazione Russa nel consegnare l’elenco dei bambini deportati in Ucraina. L’attività di ricerca condotta dal Network sulla condizione dei bambini in Ucraina è solo parte della ricerca quali-quantitativa, svolta su scala globale e per aree geografiche, sulle gravi violazioni contro i bambini causate da situazioni di conflitto armato. Tale ricerca, è svolta nell’ambito del Progetto “I Piani di azione nazionali sulla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1.325 e l’impatto dei conflitti su bambini e bambine”, che Unetchac sta sviluppando in collaborazione con l’Istituto degli Studi Politici “San Pio V” e con il supporto del Ministero degli Esteri italiano.
Il IV Piano di Azione nazionale italiano di attuazione della Risoluzione 1.325 include la protezione dei bambini e delle bambine coinvolti in situazioni di conflitto armato. Per tale motivo, il Network ha deciso di operare attraverso e all’interno di questo importante strumento al fine di accertare e analizzare la situazione dei bambini in conflitto e post conflitto in Africa, Medio Oriente, Asia, Sud America e Europa (Kosovo e Ucraina). I lavori della ricerca in Ucraina e in Kosovo sono stati discussi durante la Conferenza internazionale organizzata dal Network ieri presso l’Università di Pristina. L’evento si è svolto anche nella modalità virtuale. La Conferenza ha registrato la partecipazione, tra gli altri, in qualità di relatori, dell’ambasciatore d’Italia in Kosovo Antonello De Riu; Selvete Gerxhaliu Krasniqi, giudice della Corte Costituzionale della Repubblica del Kosovo; Qerim Qerim, rettore dell’Università di Pristina; Baki Svirca, capo della Divisione giustizia transizionale del Ministero della Giustizia del Kosovo; Adelheid Obwaller, capo consulente in materia di genere della Kosovo Force (Kfor) guidata dalla Nato; Elisabeth Schleicher, viceconsulente in materia di Genere del Kfor.
“La ricerca che stiamo portando avanti sulla condizione dei bambini in situazione di conflitto e post-conflitto ha un aspetto altamente innovativo in quanto viene condotta contemporaneamente da più università e in più Paesi, unendo così in un unico grande progetto più realtà accademiche e permettendo un proficuo incontro e confronto tra approcci scientifici diversi”, ha dichiarato Laura Guercio, segretaria generale di Unetchac. “Tale ricerca – ha detto – non vuole produrre e sviluppare solo dei numeri, sia pure importanti, ma intende far capire le ragioni sociali, culturali, giuridiche che sottostanno ai numeri: anche questo vuole caratterizzare il nostro lavoro”.
“Un nuovo approccio di analisi vittimologica del conflitto bellico allo scopo di indagare e denunciare quella che ancora una volta rappresenta la “cifra oscura” delle vittime appartenenti al mondo dei minori sulla base del tragico e solo provvisorio bilancio dei dati che si possono leggere dalle statistiche ufficiali. Tale prospettiva di “vittimologia bellica” viene ad aprire scenari colpevolmente inediti, ancorché purtroppo sempre presenti, in tutti i teatri di guerra”, ha aggiunto Paolo De Nardis, presidente dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”.
Il linguaggio scientifico e giuridico si unisce a quello dell’arte. Durante la conferenza, sono state presentate le opere fotografiche di Marzia Ferrone e Vittorio Alonzo che attraverso i loro scatti danno immagine e volti alle vittime silenziose della guerra: piccole mani che a stento impugnano fucili e armi; bambine e bambini erranti, tra detriti e ceneri; cortili chiusi da fili spinati dove i giochi sono un ricordo. Sguardi smarriti in cerca di un orizzonte senza fuoco, di una nuova vita. Le fotografie sono il frutto del lavoro di forte impronta sociale condotto negli anni dai due artisti, per indagare e raccontare storie di donne e bambini.
Dai campi profughi alle war zone dislocate in aree geopolitiche diverse – Africa, Medio Oriente, Europa dell’Est, Asia, America Latina – emerge lo stesso tracciato di dramma, dove non manca la speranza che queste giovani vite ricevano la protezione e la salvezza che chiedono. E su questo il Network lavora come un moltiplicatore di forze: un consorzio di oltre 50 università e istituti di ricerca internazionali uniti per promuovere e rafforzare, in tutto il mondo, la protezione sociale e legale di questi minori. Tra le numerose attività condotte da Unetchac: conferenze, seminari e webinar; formazione continua mediante “Settimane Accademiche” con il coinvolgimento di docenti e studenti da war zone; a partire dal 16 ottobre la “Autumn School” aperta agli studenti internazionali su “Aspetti giuridici e sociali di violenza su bambini e bambine”.
Aggiornato il 06 settembre 2023 alle ore 13:37