Gioco, Grassi (Swg): “Cresce il numero di chi vi cerca un’altra entrata economica”

I giocatori si suddividono in tre tipologie dalle dimensioni simili: il 35 per cento gioca solo a gratta e vinci, superenalotto o lotterie, il 32 per cento gioca a più giochi spendendo fino a 20 euro al mese, il restante 33 per cento gioca a più giochi spendendo più di 20 euro al mese. Il 51 per cento degli italiani gioca almeno occasionalmente a giochi con vincita in denaro; un italiano su 10, pur avendo giocato in passato almeno occasionalmente, oggi ha abbandonato questo tipo di giochi. Sono questi i dati contenuti nella nuova edizione dell’Osservatorio sul gioco pubblico 2020-2023 di Swg e Igt, che ha consentito di costruire un nuovo modello di analisi delle diverse tipologie di giocatore, più efficace rispetto a quello sviluppato nelle precedenti edizioni. A presentare i dettagli della ricerca, nel corso dell’evento romano dello scorso19 luglio, è stato il direttore della ricerca di Swg, Riccardo Grassi.

“Quest’anno – ha detto – abbiamo voluto esplorare il mondo dei giochi non solo attraverso la spesa ma correlandolo con aspetti che riguardano propensione al rischio, innovazione, rapporto con investimenti finanziari e desiderio. Il desiderio ci colpisce perché si pensa che dietro la voglia di giocare ci sta una narrativa che dice che alcune persone giocano per cambiare la propria vita. Questa non trova riscontro in maniera precisa nei dati ma ci sta un dato interessante rilevato anche l’anno scorso, gli italiani ha un rapporto ambivalente con il desiderio. Abbiamo chiesto agli intervistati quanto alcune cose erano desiderabili e quante fossero raggiungibili. Il quadro è ambivalente e ci dice che in tutte le cose proposte ciò che gli italiani desiderano di più è la felicità dei figli, il terzo è quello fare dei viaggi. Ciò che colpisce è che su tutti i desideri la percentuale che gli italiani ha questo desiderio e che non crede di poterlo fare attraverso i guadagni”.

I non giocatori, il 38,7 per cento del campione, sono prevalentemente donne (58 per cento e più 8 per cento sul totale del campione) e sono più presenti tra i giovani (più 7 per cento), nelle regioni del nord (più 5 percento) e tra chi ha una laurea (più 4 per cento). Inoltre, hanno più spesso la percezione che la partecipazione ai giochi e scommesse sia principalmente un modo di divertirsi (più 9 per cento sul totale del campione) o una ossessione (più 3 percento) ma non un modo per inseguire un desiderio (meno 5 per cento). Di fronte alla possibilità di investire 10mila euro, la quota che destinerebbero a investimenti a rischio (azioni, criptovalute, giochi e scommesse) è di 2.744 euro. Infine, sono meno propensi al gaming (33 per cento di non giocatori contro il 22 per cento del totale campione) e, in ogni caso solo il 12 per cento spende denaro per questo tipo di giochi, con una spesa media mensile di 24 euro.

Nel corso dell’incontro è intervenuto Massimiliano Annetta, componente del comitato scientifico, sezione Giustizia, della Fondazione Luigi Einaudi. “Ci vuole una legalità concordata”, ha detto. Secondo Annetta, “ci vuole una compartecipazione da parte di tutti i soggetti. Io credo che ogni valutazione debba partire da un rilievo: il quadro normativo che regola l’amministrazione è confusionario e questo vale per tutta la normazione italiana che è di pessima qualità, che ha aspetti di gravità peculiari. In primo luogo, ci sono pessime norme che regolano questo ambito, come le fasce orarie e distanziometro. Sono fatte male perché il legislatore centrale ha fatto come Schettino e non è risalito a bordo. C’è una situazione di grandissima confusione e spesso più è locale peggio è”.

Laura D’Angeli, componente del gruppo ricerche, diritti e salute del giocatore-consumatore dell’Università degli studi di Tor Vergata, ha sottolineato come il gioco sia “una forma di intrattenimento naturale, quindi andando a vedere non tanto l’offerta di gioco ma la domanda. Quando andiamo a vedere che, se si chiude il gioco legale prolifera quello illegale vuol dire che c’è una domanda. Questo perché il gioco viene visto come una forma di intrattenimento, questo è il quadro e il punto di partenza da cui partire per creare misure per un gioco responsabile. Nessuno può escludere che ci siano soggetti problematici. L’altro elemento del gaming e quello dell’innovazione e della prudenza. Nella mia esperienza si parla di metaverso, ma sappiamo la sua definizione? Dobbiamo far conoscere bene il mondo digitale, cerchiamo di farci capire perché il mondo dei giochi è vittima di una mancata informazione e di un gap culturale, perché dallo studio si evince che ci sta ritrosia perché nono si conosce il metaverso o gli nft, oppure cosa è il wallet. Bisogna fare cultura nelle scuole, bisogna partire da un marketing socialmente responsabile tutelando giocatori dando regole differenti a seconda della tipologia dei giocatori stessi”.

Il presidente di Sts, Emilio Zamparelli, ha affermato: “L’indagine analizza il gioco nella sua globalità, il risultato è importante e dice che le persone giocano per divertirsi al di là del gioco che praticano. Abbiamo visto negli ultimi anni che il giocatore viene considerato come uno che gioca per fame di soldi e che è a rischio di ludopatia solo per aver giocato una schedina. Il settore ha avuto una visione errata negli ultimi anni e abbiamo dimenticato la storia del gioco e del settore in precedenza”.

Aggiornato il 24 luglio 2023 alle ore 13:58