Scomunicati

Social diffusissimo. Un economista di fama condominiale è in vena di malinconie: ah, quando la Centoventisette costava solo qualche stipendio-operaio. Ora con l’euro il lattoniere spende il doppio per una povera Panda. Imprudentemente, un non so interviene senza fini sociali. Difendendo solo l’aritmetica e usando il pallottoliere come unico strumento, osserva che i calcoli non sono esattamente quelli, e qui scatta lo show: eh signore mio, con meno di ventimila non si prende nulla che ci porti a spasso.

Lo scrive un terzo intellettuale. Quasi tutto in maiuscolo, con minuscoli emoticon che spiegano il suo impegno e il suo stato d’animo, situazioni per cui tutta la rete stava fremendo. Risponde fuori tema al matematico, non curandosi della misera lista della spesa, ma sentenziando che con cifre inferiori nessuno si può considerare “in macchina” e da Henry Ford di pianerottolo spiega senza spiegare perché questi soldi non li abbiamo e, dopo una dissertazione da far tremare la Borsa di Topolinia, atterra ad Hammamet: la colpa è di Bettino. Lo stile è quello degli intrattenitori da tinello che coniano non-battute di cui ridono da soli e la stessa grafica del pippone è da incorniciare.

Che i libri (non tutti!) siano l’aristocrazia della cultura mentre i social sono la democrazia dell’ignoranza è assodato. Il fatto è che on-line si fabbricano miti inconsistenti e tanti, troppi si sentono divi dopo che la vita li ha scartati persino come comparse. Credono di essere giornalisti, anzi, opinionisti: il redattore è poca cosa, scrive i fatti, mentre il social-maître à penser non conosce l’espressione francese in cui vorrebbe inquadrarsi, ma è certo di essere un creatore di nuove soluzioni e di nuovi orizzonti del mondo, mica uno scribacchino qualunque.

Il quale, però, proprio in questi giorni lo becchi a raccontare come la tedesca trentunenne che ha travolto una famiglia guidando la propria automobile fosse stata fermata una settimana prima, perché trovata in possesso di “oggetti atti a offendere”.

Sarebbe apprezzabile il linguaggio da mattinale della questura se la gente comune, non quella che ha il tesserino dell’ordine dei giornalisti, capisse al volo che gli oggetti in oggetto sono probabilmente di ferro o di materiale contundente, e non cartelli con scritte piene di improperi volgari e aggressivi. Il fatto è che la suddetta frase poliziesca compare ovunque, un copia-incolla che pone quelli che fanno il mestiere al di sotto dei social-soloni.

Un tempo, i direttori dei seri quotidiani di provincia invitavano praticanti e novizi a tradurre il gergo poliziesco, non scorretto, ma intriso di termini professionali che non appartengono al linguaggio comune. A chi riportava pari-pari che il soggetto era entrato in una proprietà privata “mediante effrazione in agro” si spiegava che, per quelli in borghese, il sempre presunto mariuolo si era semplicemente introdotto, forzando, saltando o scavalcando questa e quest’altra barriera.

Invece, no. Il giorno dopo viene fuori che la tedesca aveva un martello, e i diligenti dell’informazione continuano, pure in seconda battuta, a specificare che il martello offende.

Sì, offende l’intelligenza di chi si ostina a leggere.

Aggiornato il 11 luglio 2023 alle ore 10:25