Contro i femminicidi la rivoluzione del centrodestra

In meno di quarantotto ore dal tremendo delitto di Giulia Tramontano, e del piccolo Thiago ancora in grembo, il governo di Giorgia Meloni ha saputo dare risposte stringenti alla questione del femminicidio. Un ddl in 15 articoli ha integrato “il Codice Rosso” con l’arresto in flagranza differita, le priorità a scadenza di 30 giorni nei processi, il rafforzamento dell’istituto dell’ammonimento, il ricorso al braccialetto elettronico, l’obbligo ai 500 metri di distanza dalla vittima e i ristori per la prevenzione. La premier è intervenuta anche personalmente, oltre aver parlato telefonicamente con la mamma di Giulia, per chiarire che l’operato non si limiterà a interventi legislativi, perché quello che serve è “un cambiamento culturale”.

Credo che la buona volontà e la determinazione debbano passare per alcune considerazioni preventive per trovare il coraggio e la forma di un’azione diversa. Perché l’ideologizzazione, la matrice politica nei diritti delle minoranze, l’impostazione del pensiero unico nei casi di violenza, non ha portato a un controllo del fenomeno, ma a un dilagare dell’inconciliabilità, delle tensioni, a un inasprimento delle contrarietà. E il femminicidio si è espanso. Importantissimo riflettere su questo aspetto. Non sono solo donne a cadere, mogli, fidanzate e compagne di uomini padroni, misogini, orchi. Le stesse modalità, cioè atroci delitti di sangue, riguardano figli contro padri, padri contro figlie, madri contro uomini insopportabili e pericolosi, ma anche semplicemente ragazzi, ragazze, studenti contro docenti. Una violenza cieca e barbara, in un mondo riprecipitato nella guerra, è calata nella vita quotidiana assumendo il feroce ghigno della cronaca nera.

Una riflessione di metodo. Qual è il piano della sinistra progressista e fluida? La Quinta Rivoluzione, come la chiama Aldo Maria Valli? Ossia portare il peccato sotto la luce benevola, scomporre la famiglia, annullare quella tradizionale per imporre la teoria del genere, stroncare la divinità del maschile e femminile a favore di un’infinità di orientamenti sessuali? C’è chi ne ha contati cinquanta. Ebbene, la demonizzazione dell’eterosessualità a favore dell’omosessualità e della pansessualità ha scatenato la catastrofe. Il “polimorfo perverso” di Daniel Bell discende velocemente verso il Nulla. Si potrebbe andare avanti, ma si rischierebbe di fara pubblicità al gender con cui la sinistra si oppone ai partiti tradizionali e alla destra. Il progetto è politico, perché una volta cambiata la società le forze progressiste assumeranno il controllo sui generi. Quello che intendo dire è che un governo di centrodestra non deve seguire la road map di questo tracollo umanitario, ma deve al contrario combattere per difendere i valori e i principi della natura, della biologica relazione tra i sessi riportando la pace contro l’odio.

La sinistra impone la categoria dei maschi violenti, pervertiti, mostri, che uccidono le donne libere, emancipate, che si ribellano al dominio maschile a favore delle coppie omosessuali presentate come ideali nelle relazioni affettive e perfino migliori come madri e padri, spingendo su una genitorialità sganciata dalla consanguineità, surrogata, artificiale, d’adozione. L’effetto di questa propaganda è il precipizio. Quanti giovani, quanti uomini e donne non reggono a questa scomposizione, quanta follia corre nelle nostre società fluide? C’è una gigantesca pubblicità. Questi casi di cronaca trovano una letteratura copiosa, un’informazione incessante e ossessiva, per cui i fenomeni di imitazione, l’entrare a far parte di una categoria sociale reale, i soggetti femminicidi, diventa un primato. Questi uomini che non si fanno scrupolo di uccidere con modalità impressionanti non hanno tutti un curriculum da psicopatici, sono definiti narcisisti patologici, ma a mio parere non percepiscono la gravità del fatto e delle conseguenze penali perché sono manipolati nell’illusoria definizione di “geni del male”, “eroi neri” che assurgono alla televisione, al cinema, alla letteratura sfondando l’anonimato e guadagnando un profilo da audience, influenze e visibilità. Stiamo facendo la pubblicità al male!

L’idea di portare nelle scuole donne abusate, famiglie vittime, cioè la narrazione del femminicidio non è l’unica via e forse non è la migliore. È sicuramente il progetto della sinistra fluida nelle scuole, ma non è l’antidoto e non ricostruisce una società sana. Bisogna far pace tra i sessi e ritrovare l’amore che li unisce, non la violenza e la rabbia. Un’altra cultura, la cultura del bene.

Sembra perfino assurdo oggigiorno, ma l’istinto che lega uomo e donna è l’amore, l’attrazione, la complicità, l’unione e lo smagliante piano di dare luogo alla vita, alla famiglia, di due uno e la trinità antropologica che mette al centro dell’universo l’uomo e la donna. Che si amano, non si uccidono. Non la morte. I femminicidi, ancorché una piaga, non sono il tratto del genere umano, sono la deviazione, la caduta. La maggioranza è fatta di eterosessuali per la salute, il progresso, la beatitudine.

Bisogna notare i problemi di carattere psicologico che affliggono i giovani esposti e oppressi dalla propaganda del genere. Non sono diventati più liberi e più rispettosi, sono “malati”. Allo stesso modo tra i minori: 1 su 5 ha problemi di salute mentale, l’Adhd (i disordini neuro psichici) sono aumentati del 43 per cento, la depressione adolescenziale del 37 per cento, il tasso dei suicidi tra i 10 e 14 è cresciuto del 200 per cento. L’uso delle sostanze stupefacenti sulla scia della tolleranza verso le droghe leggere sta falcidiando una generazione, così gli eccessi della società digitale insieme alla de-sacralizzazione della vita quotidiana, dal matrimonio ai sentimenti, ai riti religiosi.

Una educazione nelle scuole è essenziale, ma non spenderei fondi ingenti per la propaganda avversaria, darei valore invece ai nostri programmi culturali, alla nostra letteratura che esalta ed educa alla concezione dell’amore come vita, unione e libertà, aiutando i generi a ricollocarsi e armoniosamente a dare luogo al benessere e alla felicità. Così nel cinema, nell’editoria, nella musica. La scommessa di un governo di centrodestra è questa. Trovare i portatori di valori, i paladini della letteratura, gli attori e i registi, gli interpreti e i cantanti per la moda del bene. I giovani sono malleabili, se propagandiamo l’amore, la salute affettiva e le sue virtù i ragazzi e le ragazze sono quelli dei lucchetti di Ponte Milvio, che stanno tre metri sopra il cielo come ai nostri tempi dentro Love Story e Lucio Battisti. Sono scelte di industria dello spettacolo, dell’informazione e della cultura, che non devono puntare alla restaurazione, incontrare nuovi paradigmi e moderne declinazioni. Una scelta politica, dunque, e chiediamo che la quinta rivoluzione sia del centrodestra.

Aggiornato il 13 giugno 2023 alle ore 13:13