I climalterati

Anche oggi le prefiche climatiche lamentano l’aumento delle temperature del pianeta. Nel mar Mediterraneo, dicono, si stanno adattando specie tropicali che vi trovano nuovi favorevoli habitat. Tra un po’ lamenteranno che i pescatori nel Mare Nostrum tirano su direttamente nelle loro reti, zuppa di pesce, già pronta da mettere in tavola.

Allarmati, ammoniscono che la concentrazione di Co2 in atmosfera è raddoppiata a quasi 420 ppm rispetto all’epoca preindustriale, prefigurando apocalittici scenari di desertificazione planetaria ed estinzioni di massa. In realtà i perentori termini, oltre i quali sarebbe scattato, irreversibilmente, l’Armageddon (tipo quello vaticinato, anni fa, da Al Gore) sono fatalmente scaduti, senza porre la parola fine alla sopravvivenza del pianeta e di chi vi abita. Intanto, è la narrazione antropica che si è adattata: non più e solo “riscaldamento globale” ma “cambiamenti climatici”. Cosicché, piove o non piove, fa caldo o fa freddo, ci sono siccità o allagamenti, in questa categoria omnibus si può far rientrare, proprio, tutto. Anche la pessima scelta di eleggere amministratori locali che non liberano alvei dei fiumi e caditoie, per evitare straripamenti e allagamenti. Ma la causa di queste catastrofi è antropica. Con buona pace di Giacomo Leopardi che, nello Zibaldone, raccontava che “le stagioni non sono più quelle di una volta”.

La Terra è passata attraverso ere geologiche nelle quali la concentrazione di biossido di carbonio (Co2, colloquialmente detta anche anidride carbonica) era più di 20 volte quella attuale. Proprio in questi periodi si osservò la cosiddetta radiazione adattativa, ossia la comparsa sulla Terra di migliaia e migliaia di nuove specie vegetali e animali. 

La presunta attuale febbre del pianeta (+0,7 gradi c. rispetto a 150 anni fa) è in realtà molto più bassa delle temperature prevalenti nella storia del pianeta. La fallace reductio ad absurdum, per giustificare la tesi antropica, ignora che il clima atmosferico è il risultato dell’interazione di troppi fattori, di cui molti ancora largamente sconosciuti. La meteorologia degli strati alti dell’atmosfera è, beffardamente, definita dagli scienziati della Nasa come “Ignorosfera”. Mentre scienziati à la page, finanziati da sedicenti filantropi, vagheggiano ombrelli chimici per schermare i raggi del sole, un immenso parterre di professionisti del cambiamento climatico − come quelli dell’opaco mercato del trading di carbonio − si organizza per gli affari miliardari della transizione verde. Colore che assomiglia più a quello delle banconote che a quello degli alberi. Che di Co2 non muoiono, come si sa, ma si nutrono.

Aggiornato il 09 giugno 2023 alle ore 16:23