Una nuova cultura della sicurezza sul lavoro

Dare valore alla formazione oggi è fondamentale se vogliamo promuovere una nuova cultura della sicurezza sul lavoro che ponga sotto i riflettori la qualità del clima di lavoro e l’aspetto psicologico della prevenzione della salute mentale. Dopo la pandemia la formazione a distanza ha potenziato le opportunità di partecipazione a corsi di formazione per la facilità di accesso ma ha, contemporaneamente, a mio avviso posto in essere un interrogativo sulla qualità della formazione.

Tanti i corsi on line per ottenere attestazioni di qualifica professionale, mi riferisco in modo particolare a corsi per badanti e baby-sitter. Lavori che hanno a che fare con la relazione con persone fragili, delicate e da salvaguardare e che hanno bisogno di lavoratori e lavoratrici competenti, responsabili e capaci di svolgere al meglio e con responsabilità la funzione di accudimento. Lavori di cui c’è una grande richiesta e che spesso interessano donne straniere che, per necessità, lasciano il loro Paese, gli affetti, le ambizioni, i sogni e si “improvvisano”, loro malgrado, in lavori che non possono essere svolti solo affidandosi alla buona volontà.

A supportare queste lavoratrici interviene il percorso formativo che oggi è variegato e soprattutto di facile accesso. Un facile accesso che troppo spesso però non fa rima con responsabilità, coscienziosità e giusta valutazione dell’importanza dell’acquisizione di competenze specifiche. Come formatori troppo spesso si ha a che fare con classi organizzate online in cui la maggior parte dei partecipanti è a telecamere spente. Oggi, più che mai, in un’epoca in cui l’assistenza agli anziani e alle persone disabili è svolta principalmente da persone al di fuori della famiglia e con le quali i nostri familiari anziani e fragili trascorrono gran parte delle loro giornate, urge un piano di formazione che muova i passi verso una maggiore consapevolezza di una cultura della formazione di sostanza e non di forma.

Come pensiamo di utilizzare al meglio i tre miliardi che il Pnrr destina al potenziamento dell’assistenza domiciliare per gli anziani?

Oggi riceve un’assistenza a casa il 6,5 per cento degli anziani, con una media di 18 ore all’anno. Mentre, a livello internazionale, si stima siano necessarie circa 20 ore mensili di assistenza. L’investimento previsto nel piano ha l’obiettivo di aumentare il volume delle prestazioni rese in assistenza domiciliare fino a prendere in carico, entro la metà del 2026, il 10 per cento degli over 65.

I principali destinatari di questa azione saranno gli anziani con una o più patologie croniche e/o non autosufficienti. Anziani che hanno bisogno di assistenti competenti, motivati e consapevoli. Lavoratori e lavoratrici che vanno formati, assistiti e monitorati in modo continuativo partendo da un nuovo modo di concepire la formazione quale strumento non solo di acquisizione di nuove competenze ma anche mezzo per monitorare e accompagnare il lavoratore nel corso del suo percorso lavorativo.

L’ambito geriatrico dell’assistenza è un ambito, da un punto di vista lavorativo, in grande espansione ed è a questi lavoratori e lavoratrici che è necessario offrire un percorso di accompagnamento nello svolgimento di un lavoro che li vede vivere troppo spesso in solitudine con un carico emotivo e relazionale troppo pesante. Occorre sostenere le famiglie, creare una rete territoriale di supporto e valorizzare la multidisciplinarietà per pensare a sempre e più congeniali strategie di intervento e sostegno per il bene degli anziani, delle loro famiglie, dei lavoratori che si occupano di loro e per l’intera società.

Nel contratto di lavoro delle badanti e dei badanti sono previste ore di formazione non sufficienti a garantire a questi lavoratori il sostegno di cui hanno bisogno. Occorre innanzitutto che la formazione sia esperienziale e continuativa e che vada a sostenere i lavoratori anche da un punto di vista psicologico per prevenire le conseguenze del burnout che troppo spesso compromettono sia la salute del lavoratore che la qualità del servizio prestato.

Non dobbiamo mai dimenticare che parliamo di lavoro con persone fragili, spesso incapaci di intendere e volere e dunque persone che vanno protette e accudite con il massimo rispetto per la loro dignità.

Dignità che viene salvaguardata se si inizia nel dare il giusto valore alla professione del badare alle persone fragili e se prendiamo in considerazione quelli che sono gli aspetti critici di questi lavori quali la mancanza di separazione tra il tempo del lavoro e la propria sfera personale quando parliamo di lavori h 24 e le tante ore trascorse in solitudine senza potersi confrontare e senza, troppo spesso, sentirsi capiti. Mancanza di comprensione che viene rappresentata da quella che viene definita Sindrome Italia che indica l’insieme di malattie invalidanti che colpisce le donne dell’Est e il peso degli anni vissuti come migranti in Italia, lavorando come colf e assistenti familiari, lontane dalle loro famiglie e dai loro figli.

È nel 2005 che due psichiatri ucraini, Andriy Kiselyov e Anatoliy Faifrych, riscontrarono in alcune pazienti della loro clinica una storia personale e sintomi psichiatrici simili: una lunga permanenza in Italia come assistenti familiari e conseguenti desideri suicidi, inappetenza, insonnia e tristezza. La solitudine provata nel periodo lavorativo, la lontananza dalla famiglia e un ritorno difficile in patria in cui non si sono sentite accolte non le aveva fatte sentire a casa.

Storie che, negli anni, si sono ripetute per tante donne che hanno pagato un prezzo troppo alto per aver portato sulle spalle i bisogni di un intera famiglia occupandosi di anziani e persone fragili spesso non sentendosi accolte o vivendo uno stato di solitudine troppo pesante da sostenere.

Madri che hanno lasciato in patria “orfani bianchi”; bambini che l’Unicef stima in 350mila con almeno un genitore all’estero e spesso quel genitore è la mamma. Lavoratrici che vanno formate sostenute e accolte nei loro bisogni attraverso un ripensamento culturale sulla sicurezza psicologica sul posto di lavoro di accudimento h24 che veda protagonisti organi di formazione e sostegno e familiari quali datori di lavoro.

Salvaguardare il lavoro delle badanti è primariamente un aspetto umano di civiltà ma è anche un bisogno sociale del nostro Paese che sempre più richiede lavoratori e lavoratrici h 24 per fare fronte ad un bisogno di assistenza geriatrica che cresce sempre più.

 

Aggiornato il 08 giugno 2023 alle ore 12:23