Il lungo percorso dei nuovi vertici Rai

Una Rai a guida centrodestra? E con più donne ai posti di comando? Il Consiglio di amministrazione di Viale Mazzini sembra avere piani ambiziosi e moderni. I curricula dei candidati sono sui tavoli del Settimo piano e i giornalisti proposti appartengono a livelli di lunga esperienza nel mondo dell’editoria. Le sfide che l’azienda pubblica ha davanti sono impegnative e per questo va riesaminato l’assetto organizzativo aziendale relativo a testate, generi, canali radio, direzione editoriale per una completa e pluralistica offerta informativa. Nella nuova fase non manca il riassetto degli organi sociali delle società partecipate: consiglio di amministrazione di Rai Cinema, direttore della Tivù di San Marino. Sul tavolo anche gli aggiornamenti del piano industriale e il perfezionamento del contratto di servizio.

Sulle nomine e le decisioni del Cda si sono scagliati i sindacati dei giornalisti e dei lavoratori. Uno dei bersagli riguarda la questione del canone che secondo i sindacati deve rimanere nella bolletta della luce, affinché le risorse assegnate al servizio pubblico siano “certe, congrue e di lunga durata”. Ritenendo l’importo tra i più bassi d’Europa ed essendo stato ridotto per il recupero dell’evasione l’Usigrai si dichiara contrario “all’ipotesi di finanziamento della Rai attraverso la fiscalità generale perché consegnerebbe al governo di turno il controllo totale dell’azienda”. Non gradito ai sindacati di orientamento di sinistra il fatto che la legge consenta al governo d’indicare l’amministratore delegato.

Tutte le opinioni possono essere analizzate e discusse. Per quanto riguarda la Rai va ricordato che si tratta di un’azienda con capitale pubblico e che l’editore è il Ministero del Tesoro che vanta il 98 per cento delle azioni. Quando l’azienda era lottizzata in tre aree di pensiero (la Rete ammiraglia sotto l’egida della Dc, la rete due sotto l’influenza socialista e la Terza rete inventata per accontentare i comunisti di Angelo Guglielmi e Sandro Curzi) l’Usigrai aveva buon gioco di co-gestione, imponeva scelte, nomine, spostamenti e promozioni.

L’impalcatura è rimasta in piedi per circa cinquant’anni. La svolta che vuole imprimere il centrodestra al governo e che ha vinto le elezioni politiche sarà sottoposta alla prova subito a partire dai nodi aperti: palinsesti, produzioni, nomine, contratto di servizio. Attaccare la scelta di due esperti di televisione di lunga data come il nuovo amministratore delegato Roberto Sergio e il nuovo direttore generale Giampaolo Rossi (in questa carica troviamo i nomi di Biagio Agnes, Villy de Luca, Claudio Cappon, Agostino Saccà, Giancarlo Leone) significa ragionare solo sulla base dei preconcetti ideologici.

Il problema invece è quello di analizzare le capacità professionali dei nuovi vertici e dei programmi che intendono portare avanti. Nel pacchetto di nomine spiccano i nomi dei giornalisti Gian Marco Chiocci per il Tg1 (figlio d’arte e direttore dell’agenzia Adnkronos), di Antonio Preziosi per il Tg2 (una vita a Bruxelles per la Rai), di Francesco Pionati (ex inviato del Tg1) al Gr Radio, l’ex direttore del Tg1 Giuseppe Carboni a Rai Parlamento. A tutti si può dare una casacca a Saxa Rubra. Ma conta anche la professionalità come per Jacopo Volpi (una vita ai vertici sportivi) a Raisport, Marcello Ciannamea per l’Intrattenimento Prime Time, Angelo Mellone all’intrattenimento Day Time, Paolo Corsini all’Approfondimento, Adriano De Maio a Cinema e serie tivù. Per i canali radio, a Radio 2 Simona Sala. Infine, Monica Maggioni indicata per la direzione per l’Offerta informativa. Giornalisti alla prova indipendenza e pluralismo.

Aggiornato il 25 maggio 2023 alle ore 10:34